Home » Il calore del sangue di Iréne Némirovsky

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Recensione

Quando si ha per le mani una piccola, inestimabile perla letteraria non sempre abbiamo la prontezza di ricooscerla. Un’opera minore, seppur l’autore sia molto conosciuto, raramente suscita immediato interesse, ma è un errore colossale. E questo è il caso della Némirovsky, autrice del ‘900 europeo conosciuta più per Suite Francese che per gli altri interessantissimi scritti da lei redatti e portati alla luce dalla figlia, Elizabeth. Il calore del sangue è un romanzo breve che parla di passione, di quella scintilla di follia, di coraggio e sfrontatezza, che permea l’animo negli anni della gioventù, e che solo in età avanzata si sa identificare e razionalizzare. La famiglia, la vita rurale, quasi bucolica, la consapevolezza che tutti, nessuno escluso, anche i genitori, hanno dei segreti e si dovranno trovare, prima o poi, a fare i conti con le conseguenze dei loro gesti. Della difficoltà del “vivere” quotidiano. Un libro che mi ha consquistato, dall’inizio alla fine. Consigliatissimo.

Trama

In questo breve ma densissimo romanzo Irène Némirovsky punta il suo sguardo acuminato non già sull’ambiente dell’alta borghesia ebraica in cui è cresciuta, né su quello dei ghetti dell’Europa orientale, bensì sull’angusto, gretto mondo della provincia francese. Il quadro è, in apparenza, di quieta, finanche un po’ scialba agiatezza campagnola: la figlia di due ricchi proprietari terrieri sta per sposare l’erede di un’altra famiglia in tutto e per tutto simile, un bravo ragazzo, come si dice, innamorato e devoto. Eppure bastano poche note stridenti (che l’autrice è abilissima a insinuare fin dalle prime pagine) per farci intuire che dietro la compatta, liscia superficie di perfetta felicità agreste – in cui sembra che ogni sentimento si sia come pietrificato – si spalancano voragini insospettate: nessuno, insomma, è al riparo dalla passione, dalla violenza, persino dal delitto, quando è infiammato dal «calore del sangue». Con la consueta scioltezza narrativa, e la soave crudeltà che le è propria, la Némirovsky ci fa assistere a un lancinante dramma familiare nel corso del quale vedremo, a una a una, cadere tutte le maschere.

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