Home » Recensione: Un giorno tranquillo per uccidere di Marieke Nijkamp
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Adolescenti soli arrivano, purtroppo anche troppo spesso, a compiere scelte estreme;  in Italia e in Europa, come in America e Asia. E le colpe di chi sono? Degli adulti? Del gruppo? Probabilmente di tutti e di nessuno allo stesso tempo. Ne abbiamo prova ogni giorno, basta aprire un quotidiano o accendere la tv su un notiziario; nella realtà come nella finzione, dove, come in queste circostanze, non esiste distinzione.

Ne sono esempi eclatanti il caso editoriale prima, televisivo dopo, Tredici (Thirteen reasons why) di Jay Asher, il “gioco” di provenienza sovietica, Blue Whale, e ora anche quello che per il New York Times è un best seller, Un giorno tranquillo per uccidere (Newton Compton editori, pp. 288), di Marieke Nijkamp.
Cinquantotto minuti, questo è il tempo della narrazione, per spiegare, raccontare, mostrare i nemici numero uno degli adolescenti, sempre lì, pronti a sferrare il loro attacco e sempre, forse per mancanza di tempo o semplicemente per mancanza di voglia o superficialità, ignorati: solitudine, insicurezza, pressione emotiva, aspettative da rispettare, egoismo. Vite gettate allo sbando e spezzate da armi che si reperiscono con facilità, sia da rivolgere verso se stessi che verso gli altri, perché una via d’uscita non c’è. Il tutto, spiegato da quattro punti di vista, da quattro adolescenti legati tra loro, per parentela o per stato di cose.
E man mano lo si legge, questo thriller, man mano le pagine si susseguono veloci, incalzanti, rendendo il lettore incapace di abbandonarlo, di posarlo.
Strazio è quello che ho provato per la povera Autumn, che ha visto infrangersi sia la sua famiglia che i suoi sogni, e per il coraggio e l’amore incondizionato di Tomàs, per il quale non ho potuto fare a meno di farmi scappare una lacrima. Intenso, sconvolgente e assolutamente da leggere, questo romanzo è permeato da un tangibile senso d’impotenza.
E’ un outsider, una profonda voce fuori dal coro che, per il messaggio che trasmette, deve, e merita, di essere ascoltata.
Certo, avrei preferito che alcuni argomenti toccati fossero meglio spiegati e approfonditi, come il crollo psichico ed emotivo che ha spinto Tyler ad armarsi, le situazioni vissute a scuola e in famiglia che l’hanno portato a compiere una strage o lo stupro che lui stesso ha compiuto nei confronti di una compagna ma, come scrivevo all’inizio, sono condizioni talmente reali che basterebbe dare modo all’adolescente che ci vive accanto di spiegarsi per comprenderle e, magari, evitare il peggio.
Cinzia Ceriani

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