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L'avversario di Emmanuel Carrère

Recensione

L’avversario di Emmanuel Carrère è una no-fiction, un true crime ben congegnato e organizzato che fa un po’ il verso a uno dei suoi celebri “antenati”, A sangue freddo di Truman Capote. Impossibile è, almeno per me che ho amato Capote, non fare il parallelo. In entrambe le opere gli autori esaminano il crimine commesso da molto vicino, conoscono, entrano in contatto e interagiscono con il colpevole, cercano di capirne la psicologia, la storia personale, il movente, il suo legame con le vittime. Sia Carrère che Capote dissezionano con precisione chirurgica le dinamiche dei fatti che hanno portato, anche qui in entrambi i casi, all’assassinio di un’intera famiglia. La differenza? Carrère è meno oggettivo di Capote, si lascia trascinare nel gorgo della mente deviata dell’assassino, empatizza con lui e il giudizio morale, più o meno velato, traspare. Ho trovato l’opera vagamente autocelebrativa, per l’autore s’intende. A ogni modo, uno dei migliori scritti di Carrère che io abbia mai letto. Davvero affascinante.

Trama

“Il 9 gennaio 1993 Jean-Claude Romand ha ucciso la moglie, i figli e i genitori, poi ha tentato di suicidarsi, ma invano. L’inchiesta ha rivelato che non era affatto un medico come sosteneva e, cosa ancor più difficile da credere, che non era nient’altro. Da diciott’anni mentiva, e quella menzogna non nascondeva assolutamente nulla. Sul punto di essere scoperto, ha preferito sopprimere le persone il cui sguardo non sarebbe riuscito a sopportare. È stato condannato all’ergastolo. Sono entrato in contatto con lui e ho assistito al processo. Ho cercato di raccontare con precisione, giorno per giorno, quella vita di solitudine, di impostura e di assenza. Di immaginare che cosa passasse per la testa di quell’uomo durante le lunghe ore vuote, senza progetti e senza testimoni, che tutti presumevano trascorresse al lavoro, e che trascorreva invece nel parcheggio di un’autostrada o nei boschi del Giura. Di capire, infine, che cosa, in un’esperienza umana tanto estrema, mi abbia così profondamente turbato – e turbi, credo, ciascuno di noi.” (Emmanuel Carrère)

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