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Recensione

La prima cosa che mi è piaciuta di questo thriller è l’ambientazione: l’Irlanda del Nord. Inusuale, per noi, particolare. Lo sapete, io amo l’Irlanda. La seconda, il realismo della storia. Una trama senza pretese, senza eroi, ma con personaggi “umani”, che tentano il loro meglio e mostrano il loro peggio. L’indagine che ruota attorno al crimine commesso non è serrata, procede un pezzetto alla volta ed è ben strutturata e calibrata. Niente suspance, zero adrenalina, sostituite da tanta logica e buon senso negli elementi narrati. Entusiasmo blando.

 

 

 

Trama

Derry, Irlanda del Nord. Una notte, una bambina viene ritrovata mentre vaga nel fitto bosco innevato.
Nonostante il gelo, indossa solo un pigiama con su scritto un nome, Alice, e ha del sangue addosso, ma non è il suo. Difficile capire chi sia e da dove provenga, perché “Alice” non sa o non vuole parlare. L’unica persona di cui sembra fidarsi è la giovane detective che l’ha salvata, Lucy Black. Mentre cerca di identificare la bambina, a poco a poco la detective Black inizia a sospettare che ciò che è accaduto alla piccola Alice abbia a che fare con un altro caso che sta tenendo con il fiato sospeso l’intera città: il rapimento di Kate McLaughlin, la figlia di un noto imprenditore locale. E quando, all’improvviso e senza apparente spiegazione, la detective viene estromessa dalla squadra che indaga sul caso di Kate, i suoi sospetti si fanno sempre più forti. La verità è nascosta in fondo agli occhi pieni di terrore di Alice, e la chiave di tutto potrebbero essere alcuni tragici eventi della recente storia dell’Irlanda, gli stessi che hanno segnato l’infanzia di Lucy…
Un thriller intenso e agghiacciante sulla corruzione, la violenza, l’avidità umana e l’amore incondizionato di un padre per la propria figlia.

 

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