Home » Ragazze perbene di Olga Compofreda
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Cosa significa davvero essere una “ragazza perbene” negli anni Venti del 2000? Essere una persona onesta, rispettosa, solidale e tutti quegli aggettivi che normalmente qualificano una brava persona, o significa semplicemente essere conforme alle consuete regole della società patriarcale in cui si è nate, seguire e aderire a dei predeterminati standard perché così è sempre e stato e così va fatto? Davvero crescere e organizzare la propria vita attorno al trovare un buon partito assolvendo al ruolo di moglie-madre-lavoratrice attenta a non sforare di neppure un millimetro da ciò che la famiglia si aspetta corrisponda automaticamente a essere perbene? E scappare, andarsene, ricominciare da capo, con fatica, sbagliando strada e cambiando direzione nel rapporto con gli altri e l’altro sesso in particolare, faticare a tornare in quei luoghi che non accettano chi si comporta diversamente è davvero la soluzione? È sul sottile filo che separa questi due modi di intendere la vita e le donne che si dispiegano le pagine di Ragazze perbene (NN Editore, pp. 215) dell’italiana, ma residente a Londra, Olga Campofreda. Un romanzo che attinge a piene mani dal vissuto dell’autrice stessa e che mi ha ricordato, per certi versi, l’irlandese Sally Rooney. È un romanzo che parla di pregiudizio e di catene, schiavitù dettata dalle convenzioni, e di come alcuni scelgono liberamente di amare quelle catene che sono state imposte.

«Che cosa era stata davvero la vita delle ragazze perbene? Tenerci docili, crescere nella vergogna chiamandola purezza. Imprigionate come Belle nel palazzo della Bestia, ci avevano addestrate ad avere paura della rosa tumulata nelle segrete del castello, lontana dal nostro sguardo».

Al contrario, se ci si libera si scende inesorabilmente nella scala dei valori preconfezionati dalla società e dalla famiglia, si diventa, fra le righe, ma forse anche non tanto, delle poco di buono, strane, delle pecore nere. Il libro però, la storia narrata, è anche l’occasione per affrontare altri temi molto attuali e che coinvolgono i giovani: la vita all’estero con il conseguente abbandono, per alcuni in maniera più marcata di altri, del proprio Paese d’origine per piantare altre e diverse radici, le esperienze sessuali, come i social determinano le interazioni tra le persone, la difficoltà nell’accettare o meno un cambiamento, di quanto è facile sentirsi fuori luogo in situazioni e con persone a cui non sentiamo di appartenere.

Ho fatto fatica in alcuni punti, la lettura arrancava un po’ nonostante lo stile asciutto, rapido, incisivo e tagliente dell’autrice. È un romanzo-vita che conduce alla scoperta delle luci e delle ombre sulle donne, di cui ancora, in alcuni contesti, si fatica a identificarle come individui prima che come “addette a un ruolo” e di come ancora si debba pagare dazio per essere semplicemente se stesse.
Cinzia Ceriani

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