Home » Pena la morte di Georges Simenon
20220918_141019 Ci sono pochi autori che sanno dare il meglio di sé sia nella narrativa medio-lunga che nella narrativa breve, in particolare i racconti. E uno di questi è Simenon. L’ho già detto e ribadito più di una volta, con Simenon non si sbaglia mai, è difficile che un Simenon deluda. Ho già letto diversi scritti di questo autore ma è la prima volta, ad esclusione dei vari Maigret, che leggo dei suoi racconti. Pena la morte (Adelphi, pp. 155) è una breve antologia, cinque storie che si leggono come si mangiano le ciliegie: uno dopo l’altro. Senza pausa, senza “tirare il fiato”, senza annoiarsi. La prosa è limpida, chiara, così come la tensione e la suspense che si respirano pagina dopo pagina. Ho amato le atmosfere create dall’autore nei racconti I maialini senza coda, Un certo signor Berquin e Pena la morte, il testo che dà il titolo al volume. I personaggi sono talmente vividi che è impossibile circoscriverli all’interno del perimetro narrativo, ne escono fuori, prendono quasi vita. Simenon ha la grandissima capacità di indagare, scandagliare, dispiegare ed esplicare le pieghe più recondite dell’animo umano, le sue paure, i suoi timori, i suoi lati oscuri e mitigarli alla luce del sole, renderli aspetti naturali e non eccezionali, comportamenti che ognuno di noi può assumere in base alla situazione in cui si trova. Non vi è giudizio, non vi è critica morale o sociale. Semplicemente così è, punto e basta, perché così è l’uomo. Un approccio narrativo che vuole essere il più neutrale e veritiero possibile, senza artefici e dimostrando una modernità che all’epoca, siamo negli anni ’40 – ’50, risultava innovativa, al passo con alcuni dei grandi scrittori americani a lui, a Simenon, contemporanei, ma che ora purtroppo si sta un po’ perdendo. Tuttavia, sono racconti, questi, che pur nella loro modernità non rinunciano a quella vena di mistery-giallo d’epoca che molti lettori hanno e stanno imparando ad apprezzare, quel fil jaune, a volte più tenue altre più marcato, che lega tante delle storie regalateci da questo immenso e per fortuna prolifico autore, indipendentemente dal suo celeberrimo detective. È lapalissiano consigliare di leggerlo, perché tutti i Simenon andrebbero letti e riletti perché ogni volta le sue storie regalano sfumature che prima non si erano colte. Una sorta di “cinquanta sfumature” di Simenon? Sì, perché no.Cinzia Ceriani

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