Home » Recensione: Nero Caravaggio di Max e Francesco Morini
nero-caravaggio_8767_x1000 Nel leggere l’ultima fatica artistico – letteraria dei fratelli Morini, Nero Caravaggio (Newton Compton, pp. 256), mi sembrava di rivivere le mitiche indagini della signora Fletcher, alias La signora in giallo, e del dottor Mark Sloan, ovvero il protagonista della serie Un detective in corsia, con la differenza che qui l’indagine non era ambientata a Cabot Cove o al Community General Hospital, ma nell’affascinante centro storico di Roma e che il detective non è un’arguta scrittrice della borghesia del Maine, né tanto meno un vivace e attempato medico con il pallino del poliziesco. Tutt’altro. Ettore Misericordia è un giovane, e un po’ Don Giovanni, libraio molto sveglio e perspicace che con il suo inseparabile dipendente, simpatico e dalla battuta sempre pronta, si diverte a collaborare con la polizia, giungendo ad intuizioni e rivelazioni che la stessa polizia da sola non riuscirebbe mai a districare. E qui bisogna ammettere che gli investigatori italiani, come spesso accade anche nella realtà, purtroppo, non ci fanno proprio una bella figura. Anzi, l’ispettore Ceratti sembra un po’ troppo distratto dalle belle donne per concentrarsi sul caso da risolvere, e un po’ tonto.
Invece Ettore e “Fango”, il suo fidato collaboratore che nutre il sogno di diventare un famoso giallista, come si nota già nella scheda di presentazione del romanzo, sembrano proprio il famoso duo Holmes – Watson in versione moderna, non solo perché amano indagare e risolvere casi, ma anche per il rapporto di amicizia e ironica subordinazione che li unisce.
Punto di forza del romanzo, e che gli consente di recuperare i punti che non perde ma nemmeno acquisisce a causa di una trama non proprio originale, è la forte e costante contestualizzazione ambientale. Le descrizioni dei luoghi sono precise ed accurate, senza mai scadere nel banale o nel prolisso.  Nella lettura, molto veloce e scorrevole, dinamica persino, e a tratti irriverente, si ha l’impressione di percorrere Roma, e alcuni dei suoi luoghi simbolo, palmo a palmo, sia da un punto di vista storico – culturale che toponomastico.
Degno di nota, infine, e che mi ha ispirato particolare simpatia, probabilmente per le sue bizzarrie e per il suo modo di vivere antiquato, è il conte Florenzio. I personaggi sono ben delineati, hanno caratteri diversi e ognuno di loro rispecchia la mentalità italiana, con i suoi pregi e i suoi difetti, con le sue ossessioni e le sue manie. Un lavoro molto ben riuscito, un giallo – nero che “profuma” di voglia di ritrovare presto Misericordia alle prese con un’altra indagine.
Cinzia Ceriani

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