Home » Recensione Com’è bella la nebbia quando cade di Tania Piazza
Comèbella la nebbia quando cade_Piazza_cover Poesia
Concava, flessa, reclinata, viva
ritrovo l’orizzonte dell’essere
in questo scrigno di voci sospese
dove la lontananza si dichiara.

Il mondo è franto in luci di cristallo
che aprono prospettive del vagare;
qui lascio e colgo, tra sillabe e cuore,
codici decifrati in solitudine.

Miriam Badiani

Ci si potrebbe chiedere come mai una recensione letteraria sia introdotta da un componimento poetico intitolato proprio Poesia. La ragione è presto detta: ha un forte potere evocatorio del mondo di Ludovico, uno dei protagonisti del nuovo romanzo di Tania Piazza, Com’è bella la nebbia quando cade, edito da Kimerik (pag.162). Il professore Ludovico Corvini vive infatti fin da adolescente di Poesia, da quando cioè è nata la sua passione per Emily Dickinson, su cui ha preparato la tesi e la specializzazione post laurea. Il suo è un mondo raffinato, quasi evanescente, ed egli stesso parla “con calma e a voce appena accennata”, girando “per l’ateneo con un volume stretto nella mano destra, sempre lo stesso libro, sempre la stessa mano.” Due donne entrano nella sua vita, con forze e motivazioni tanto potenti quanto diverse, sovrapponendosi e intrecciandosi su due piani: Catherine, con l’amore che li lega, vive nel sublime e quasi intoccabile mondo dei ricordi, Miriam in quello reale, dato che è sua moglie. “Quando aveva conosciuto Catherine, gli era parso che una di quelle figure fosse sbucata fuori dai suoi libri, rendendosi, senza alcun pudore, umana.” Una vera folgorazione, un amore forte e travolgente, che lo porta a raggiungerla in Inghilterra, quando termina il lavoro alla cattedra di affiancamento. Qualche tempo prima della partenza, Miriam si innamora di lui e fa di tutto per avvicinarsi al suo mondo.
In occasione delle loro nozze d’oro, Miriam si allontana  per qualche giorno, lasciandogli un regalo alquanto insolito: una pacco di lettere che gli aveva scritto cinquanta anni prima ma mai spedito, finché lo aspettava di ritorno da Londra.  Ed è così che “più avvicina agli occhi – e al cuore – la lettera di Miriam, più Catherine ritorna a lui.” Miriam aveva fatto un breve viaggio nella capitale inglese in quei tempi, per cercare di volgere il destino in suo favore, ma qualcosa di non previsto né prevedibile si intromette cinquant’anni dopo nei suoi piani, proprio quando pare che, finalmente, il marito possa riservare anche a lei “una briciola di quel sentimento travolgente che aveva scoperto, dolorosamente, in aula quando parlava ai suoi studenti.”
Stati d’animo contrastanti e svariate riflessioni mi hanno accompagnata nella lettura di questo romanzo che, con una scrittura raffinata, poetica e profonda, tratta in modo non banale un tema così difficile e delicato come quello dell’amore e del dolore ad esso purtroppo spesso collegato, delle scelte che siamo disposti ad attuare per farlo vivere, dei cambiamenti che porta nel nostro essere più intimo. Solitamente faccio scivolare velocemente i miei occhi sulle pagine dei libri, divorandole, quasi presa dall’ansia di scoprire il dipanarsi degli eventi. Stavolta, l’autrice ha saputo mettere un freno alla mia ingordigia letteraria, obbligandomi ad andare con molta calma, per seguirla nei tempi delle descrizioni (dei gesti, delle case…) e per riflettere sulle scelte di vita e d’amore dei personaggi. In vari passaggi mi sono infatti ritrovata a dialogare con loro, a incitare Ludo per il suo poco coraggio e il suo lasciarsi andare, a tifare per il suo amore con Catherine  volendo suggerire, se mai fosse possibile, dall’esterno, parole da dire o da tacere, azioni da intraprendere o lasciare andare.
Un libro davvero coinvolgente e ben costruito sotto vari aspetti, dall’alternarsi dei piani temporali della vicenda alla complessità del mondo interiore dei protagonisti (in particolare di quello di Ludovico, al quale comunque viene riservato la maggior parte dello spazio narrativo), fino ai colpi di scena, sempre ben piazzati e inaspettati.
Lara Massignan

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