Home » Recensione Warchess – La lingua che non esiste di J.D. Smith
cover-colori3 E siamo arrivati alla fine del viaggio nella terra della magia, delle fate, degli elfi, dei fantasmi e dell’oscurità. Nel terzo ed ultimo capitolo della saga fantasy di John D. Smith, Warchess – La lingua che non esiste (Amazon, pp. 251) Mike, Everest, Filen, Erick e Black trovano la loro rispettiva strada. Le domande hanno finalmente delle risposte. Il mondo, o meglio, i mondi sono salvi, e la partita contro il male è stata vinta, mossa dopo mossa, pedina dopo pedina, strategia dopo strategia. Ma è davvero così? Chi lo sa…
Ora che la saga è conclusa, e possiedo una visione d’insieme più esaustiva, posso dire qualcosa in più. Fra giochi di potere e antichi tradimenti, lezioni di magia, prove di coraggio e obiettivi da raggiungere i protagonisti giungono finalmente a scoprire la verità, grazie anche all’intervento di Orion, il mago più potente di tutti i tempi. Metafore e similitudini con la mitologia, la tradizione fantasy e, se vogliamo, nuove e moderne leggende metropolitane, il mondo creato da Smith cattura e avvolge nelle sue atmosfere il lettore, in ogni libro della saga, sempre di più, incuriosendolo e avvincendolo grazie anche ad uno stile sobrio, semplice e immediato, costante in tutta la saga. I personaggi sono particolari, alcuni veramente originali e forti, altri forse un po’ banali e ormai classici. Analizziamoli un po’. Il più interessante, a mio avviso, e che più ha saputo aggiudicarsi le mie simpatie, è la Glover Everest. Determinata, pronta a tutto, leale e coraggiosa, sarcastica e diretta, senza fronzoli. Una guerriera, una sorta di amazzone prestata dalla mitologia greca agli elfi e ai nani. Vive in una comunità femminile regolamentata da precise norme e tradizioni. Mike, invece, il ragazzo, figlio di Erick, il prescelto per l’importante missione, l’ho trovato troppo piagnucoloso e melodrammatico in alcuni stralci. Filen, purtroppo, si porta appresso dal primo libro l’unico difetto che mi ha fatto storcere il naso, il fatto cioè di essere definito gnomo quando in realtà è un nano.
Orion, infine, è un personaggio dotato di grande enfasi e carisma; personalità da vendere è stata attribuita a questo personaggio di cui, però, come nel caso di Erick, non posso dire molto per non anticipare nulla. I più simpatici? I Black Jack che hanno salvato Mike nel primo libro, ma se ne parlerà nella recensione dell’ultimo episodio dello spin off a loro dedicato.

Cinzia Ceriani

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