POLVERINA di Giulia Poretto

Tun! Tan!
«Ecco come viviamo, una botta e dopo cinque minuti un’altra; nulla ha senso nella nostra vita.»
«Smettila, Polverina!» disse la nonna.
«Noi abbiamo la funzione di contare il tempo, che è fondamentale per gli uomini.»
«Ma nonna, non possiamo fare niente di diverso!» ribatté la nipotina.
«Ognuno ha il proprio scopo nella vita.» disse la nonna.
Nonostante le parole della nonna, Polverina non riusciva a star tranquilla perché oltre a detestare la monotonia di quella vita, odiava i suoi padroni e soprattutto la loro figlia. Quella mocciosetta non faceva altro che scuotere la clessidra come fosse un giocattolo e a sballottare Polverina, un piccolo granellino di sabbia che viveva all’interno della clessidra. Era di colore bianco e molto luminosa, emanava una luce che ricordava il chiarore della luna. La sua forma arrotondata le consentiva di rotolare giù per il canale che congiungeva le parti opposte della clessidra. Aveva un carattere ribelle e una curiosità travolgente che la portava spesso a disobbedire alla nonna. La sua vivacità si poteva ravvisare nel suo sguardo, dietro a due occhi marrone intenso, emblema di vitalità ed energia. Sebbene fosse piccolina doveva già compiere il suo dovere di agente del tempo, ossia colui che è incaricato di scandire il tempo nella vita dell’uomo.

Un bel giorno, stanca di essere vittima dei soprusi di una bambina di 8 anni, Polverina decise che avrebbe parlato direttamente con lei, violando la regola principale degli agenti del tempo. Infatti, chi si occupa di gestire il tempo, come le lancette, le clessidre e i cronometri, non può parlare con gli uomini perché questi devono essere autonomi nel gestire il proprio tempo.
Però Polverina era così infastidita da quella bambina che doveva parlarle a costo di qualsiasi punizione. In realtà, il piccolo granello di sabbi, si sentiva triste perché desiderava una vita al di fuori della clessidra.
Così, fattasi coraggio, gridò: «Ehi! Mi senti?»
La figlia dei padroni stava giocando con il computer e quando sentì quella voce si alzò di scatto e pensò “Chi mi sta chiamando?”
Allora Polverina si mise a gridare e la bambina, dopo aver osservato ogni angolo della casa, capì che quel suono proveniva dalla clessidra appoggiata sulla mensola del salotto. La ragazzina l’avvicinò all’orecchio e sentì:
«Finalmente mi hai sentito!»
La bambina allontanò la faccia dalla clessidra e si chiese se fosse diventata pazza. Non credeva possibile che un granellino della clessidra potesse parlare, perché i suoi genitori le avevano insegnato di non dare ascolto a ciò che la propria immaginazione le faceva credere in quanto si tratta di un’illusione frutto della fantasia. Però, in questo caso, la bambina non poteva assecondare quello che le avevano raccomandato i genitori perché sentiva con le proprie orecchie la voce del granellino, e per di più lo vedeva muoversi davanti ai suoi occhi. Perciò, mossa dalla curiosità, si avvicinò di nuovo. Polverina allora non perse tempo ad intervenire e disse: «Sono io che ti ho chiamato prima.»
Poi aggiunse: «Mi chiamo Polverina e sono un granello della tua clessidra.»
La bambina rimase basita per un attimo e poi rispose: «Piacere di conoscerti, io sono Marina.» Marina era una bambina bionda con gli occhi azzurri, più alta dei bambini della sua età. Era molto diligente a scuola e molto educata. Il suo colore preferito era il rosa e desiderava tanto diventare parrucchiera un giorno. A casa il suo comportamento era diverso perché faceva un sacco di capricci. Più la viziavano i suoi genitori e più lei pretendeva che le comprassero dei giocattoli nuovi. Nessuno l’aveva capito ma il motivo dei suoi capricci era la solitudine. Tanti oggetti la circondavano, ma poco era il tempo che trascorreva insieme a qualche famigliare o qualche amichetta e per questo si era trasformata in una bambina cattiva e viziata.
Polverina le disse: «Potresti smettere di scuotermi di continuo?»
Lei rispose: «Scusami, io non credevo che i granelli di sabbia fossero esseri viventi.» Polverina, irritata, le rispose: «A voi umani non importa niente che non sia di voi stessi; per il fatto che non tutte le cose parlano con voi non significa che queste non siano vive. Ogni giorno continuo a prendermi botte, quando la clessidra viene girata, scendendo nel contenitore e sbattendo contro gli altri granelli per contare il tempo a voi umani. Il risultato è che non ricevo mai nessun ringraziamento da parte vostra.»
Marina, profondamente colpita da queste parole, si dispiacque molto e rispose: «Cosa posso fare per te? Ti ho causato molto dolore e sono molto desolata per questo.»
«Fammi riflettere… Ecco! Ci sarebbe un’idea con la quale potresti sdebitarti» disse Polverina. «Potresti raccontarmi il mondo, tutto quello che c’è al di fuori di questo pezzo di vetro.»
«Ci sto!» Rispose Marina.
La bambina, ancora sopraffatta dallo stupore, pensò che anche lei avrebbe potuto ricevere qualcosa in cambio da Polverina. Allora chiese: «Potresti aiutarmi con il tempo e dirmi come evitare di sprecarlo? Le amiche si aiutano, e tu vuoi essere mia amica, vero?»
«È un’idea bellissima, ma cos’è un’amica?» domandò il granellino di sabbia. «Te lo spiegherò domani.» Rispose Marina.
Polverina si sentiva elettrizzata da questa nuova esperienza e non vedeva l’ora che arrivasse il momento di parlare di nuovo con la bambina.
Il giorno dopo Marina si avvicinò alla clessidra e piano piano sussurrò:
«Polverina, ci sei?»
Lei rispose subito: «Eccomi, sono qui! Cosa mi racconti oggi?»
«Cosa vorresti sapere?»
«Tutto» le disse il granellino.
La bambina allora, entusiasta iniziò a raccontare della scuola, delle materie che le piacevano di più, delle sue amiche e della sua famiglia. Polverina rimaneva estasiata da quei racconti e il desiderio di sapere cose nuove cresceva sempre di più.
Il granellino ascoltava sempre molto attentamente e un giorno le chiese: «Amica mia, tu mi hai insegnato che è una grande gioia quando due persone si vogliono bene, allora perché mi hai raccontato che le persone litigano?»
«Non lo capisco nemmeno io. Forse perché quando si fa la pace si è ancora più felici» rispose la bambina.
Allora Polverina disse: «Se io fossi in voi non perderei tempo a litigare e lo occuperei con cose più utili.» La bambina ribattè che anche lei non vorrebbe litigare e passare il tempo a piangere ma le sue compagne di scuola continuavano a prenderla in giro perché prendeva dei voti più alti nei compiti.
«Ma il tempo perso non si può recuperare?»
Polverina rispose: «Ora ti spiego io. Devi sapere che il Tempo in passato era una grande nuvola bianca. Ogni volta che passavano i minuti e le ore la nuvola si rimpiccioliva donando all’uomo le sue parti. Durante la notte la nuvola del tempo, finché gli uomini dormivano, si rigenerava e ricostituiva tutta la sua grandezza. Il tempo, allora, per far comprendere il suo vero significato all’uomo, creò gli orologi, i quali con l’aiuto dei numeri e delle lancette scandivano i secondi, i minuti e le ore. Realizzò poi le clessidre, formate da due coni posti uno contro l’altro ma uniti da un canale, in modo tale che i granellini di sabbia che scivolavano da un cono all’altro potessero scandire il tempo con il loro passaggio. Infine inventò anche i cronometri perché l’uomo potesse contare con precisione una determinata frazione di tempo. Nonostante tutti questi sforzi, però, l’uomo commette sempre i soliti errori, incurante dei sacrifici che il Tempo fa per lui.»
«Ho capito» disse la bambina. Poi continuò: «Se mi hai detto che il tempo è uguale in tutte le sue parti, perché allora alcune persone rimpiangono di non aver fatto le cose al momento giusto?»
«Purtroppo l’uomo vorrebbe controllare qualsiasi cosa della propria vita, perfino quello che non gli compete. Nella mia lunga carriera di agente del tempo ho visto piangere un sacco di ragazzine perché non avevano ancora dato il primo bacio e molte persone ostacolare le altre perché queste avevano ottenuto il successo o l’amore prima di loro, con lo stesso atteggiamento con cui le tue amiche ti criticano e ti fanno soffrire. L’uomo non ha capito che presto o tardi sono illusioni che si è creato per gioire o per essere triste e depresso. Ogni vita ha il suo corso nel tempo e gli avvenimenti, felici o tristi, non sono certo stabiliti dall’uomo.»
Marina disse: «Fantastico! Mi hai dato un sacco di informazioni utilissime; credo mi saranno di grande aiuto in futuro. Sei davvero una preziosa amica! Ora devo andare, ci vediamo domani, ti voglio bene Polverina.»
Il giorno dopo, al ritorno da scuola, la bambina corse subito verso la mensola dove era riposta la clessidra ma non la vide. Allora corse in cucina e chiese alla madre: «Dov’è la clessidra?»
«L’ho gettata via perché dobbiamo rifare l’arredamento» rispose lei.
«Non potevi chiedermelo?» chiese la bambina.
«Senti signorina, non puoi mettere bocca negli affari che non ti riguardano, ora fai silenzio e torna in camera tua!» rispose la madre innervosita.
La mamma di Marina spostò Polverina in soffitta, all’interno di uno scatolone, e dopo qualche giorno morì a causa della punizione infertagli dal Tempo per aver trasgredito al divieto di parlare con gli esseri umani.
La bambina soffrì tantissimo la separazione dall’amica. Ogni giorno, quando tornava da scuola, guardava sempre la mensola sperando di trovare nuovamente la clessidra là sopra, ma il posto rimase vuoto per un po’ e in seguito fu riempito da un’inutile pianta grassa.
Una volta diventata adulta Marina si dimenticò dei consigli dell’amica e si uniformò alla vita di un comune essere umano.
Si lamentava che non aveva tempo da dedicare a se stessa, però ne trascorreva molto chiusa in casa a piangere. Per vincere questa tristezza, spendeva altro tempo per andare dallo psicologo, convinta che il motivo fosse lo stress da lavoro, ma nonostante questo non riusciva ad essere felice.
Aveva un bambino di otto anni, la stessa età che aveva lei quando conobbe Polverina. Amava molto suo figlio e soffriva quando non gli era vicino, ma quando erano insieme non riusciva a creare con lui un rapporto di complicità.
Sembrava che il corso degli eventi avesse diviso per sempre il destino di Marina dalla clessidra, ma l’improvvisa morte della madre, a causa di un incidente stradale, cambiò tutto.
Alcuni mesi dopo il funerale, Marina iniziò a mettere ordine in casa dei genitori e, rovistando tra gli oggetti in soffitta, trovò la clessidra. La donna si sedette tenendola in mano.
La osservò in ogni angolo mentre le lacrime le solcavano il viso. In quel momento si ricordò dei bei momenti passati con l’amica e di quanto erano preziosi i consigli che lei aveva dimenticato. Dopo un po’ si decise a chiamarla: «Polverina, ci sei?»
Sentendo queste parole, la nonna di Polverina, che ormai non aveva timore di parlare con gli umani perché molto vecchia e prossima alla morte, rispose dicendo: «Sono la nonna di Polverina, tu sei la sua amica, vero?»
«Sono io, sì» disse Marina.
La nonna riprese: «Mi ha parlato molto di te, ti era molto affezionata.»
«Era? Perché, dove è adesso?»
«Mi spiace darti questa brutta notizia, ma Polverina poco dopo la fine dei vostri incontri, è morta.»
«Non ci posso credere! Ma… perchè? Cos’è successo?» Chiese Marina affranta.
«Gli agenti del tempo vengono puniti se parlano con voi umani» proferì la nonna.
La donna scoppiò in lacrime perché non solo non aveva dato alcun ascolto ai consigli dell’amica, ma aveva anche causato la sua morte. La nonna di Polverina, vedendola piangere, la rincuorò dicendole che la nipote aveva passato i momenti più belli della vita in sua compagnia e solo grazie a lei aveva potuto realizzare il suo sogno di conoscere il mondo.
Marina, tra le lacrime, allora disse: «Sarà pur vero quello che dici, ma io l’ho delusa perché per tanti anni ho dimenticato sia lei che i suoi consigli.»
La nonna allora le disse: «Hai 36 anni e tutto il tempo per non sbagliare più.»
«Ormai è troppo tardi per ricominciare» ribatté la donna.
«Sei proprio cocciuta! Non ricordi che presto e tardi sono due illusioni e che l’uomo non ha il potere di decidere quando devono accadere i fatti?»
«Hai ragione, cambierò, te lo prometto! D’ora in poi porterò Polverina e i suoi insegnamenti sempre nel cuore.»
«Non ho dubbi» rispose la nonna poco prima di sparire nella montagna di granelli di sabbia.
Marina si alzò in piedi e chiamò il figlio che stava giocando giù in salotto. Quando il bambino la raggiunse lei gli donò la clessidra.
«Cosa me ne faccio mamma?» chiese lui.
«Ti serve per ricordare che il tempo è il bene più prezioso che abbiamo e che i consigli degli amici non vanno mai dimenticati.»
«Va bene» rispose lui.
«Ora andiamo, è tempo di tornare a casa» disse la mamma.
Prima di scendere le scale, Marina, si soffermò a guardare il figlio negli occhi e per la prima volta si sentì in completa sintonia con lui. Poi gli prese la mano e, insieme, andarono a vivere il proprio corso del tempo senza buttare via nemmeno un attimo.
Suo figlio crebbe, divenne un uomo felice e soddisfatto, sua madre dedicò tutta la sua vita a spiegare agli altri quanto fosse importante non sprecare il tempo a disposizione e Polverina continuò a vivere in tutti coloro che ascoltavano i consigli di Marina.
Così, grazie ad un granellino di sabbia, l’uomo imparò di nuovo a utilizzare il tempo e a rapportarsi con lui nel migliore dei modi, riempiendolo di gioia, amore e allegria senza più sprecare nemmeno un secondo.

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