Myriam Blasini e Raffaella Milandri

Protagoniste di questa intervista sono due donne, molto particolari. Una, Raffaella, è la responsabile editoriale della casa editrice Mauna Kea, un’attivista per i diritti umani dei popoli indigeni e membro onorario della Four Winds Cherokee Tribe in Louisiana e della tribù Crow in Montana, l’altra, Myriam, di origini canadesi, è studiosa appassionata di storia delle religioni e di tradizioni multiculturali e multilinguistiche. Laureanda in Veterinaria alla Federico II di Napoli, è esperta di cultura giapponese e di manga.

Insieme, hanno creato la magia: il primo dizionario Italiano-Lakota, arricchito da storia, riti e tradizioni del famoso popolo Nativo Americano.

Innanzitutto grazie per la disponibilità e per il tempo che dedicate a questa intervista. Rompiamo un po’ il ghiaccio e parlateci di voi. Chi sono Raffaella e Myriam?

Raffaella:  Sono tendenzialmente un vulcano, come il nome della casa editrice Mauna Kea di cui sono responsabile. Dopo aver lavorato come amministratrice e direttore commerciale, mi sono riappropriata di sogni e interessi dei miei lontani 18 anni: la scrittura, la fotografia e i popoli indigeni. Al primo posto, la mia attività per i diritti umani, per la quale dedico in primis le mie energie.

Myriam: Sono nata nel 1970 in Canada, cresciuta in Italia tra Napoli e L’Aquila, e sono approdata infine nelle Marche. Il mio tratto più caratteristico è forse la curiosità, il desiderio di conoscenza della varietà e diversità, sia in campo naturale che culturale. Ho potuto assecondare questa curiosità nel tempo, grazie agli studi umanistici e scientifici, uniti alla fortuna di essere cresciuta in seno ad un’ampia e variegata famiglia multiculturale e multilinguistica.

Leggendo qualcosa su di voi ho notato che avete esperienze di vita e di studio molto differenti. Cosa vi ha condotto sullo stesso cammino?

Raffaella: sicuramente abbiamo un animo simile, uno senso di giustizia universale in comune. Poi il destino ha fatto il resto.

Myriam: Ho conosciuto Raffaella da lettrice, grazie ai suoi primi libri, e dopo averla incontrata di persona sono rimasta molto colpita dalla sua lotta per i diritti dei popoli indigeni,  per cui ho successivamente deciso di impegnarmi in campo sociale grazie all’associazione Omnibus Omnes, da lei fondata. E la collaborazione continua ora con la casa editrice Mauna Kea.

Com’è nata, invece, l’idea del dizionario Lessico Lakota?

Raffaella: La lingua per i Lakota, e per i Nativi Americani tutti, è un segno imprenscindibile della propria identità. Mantenerla viva è una missione e, dopo averli visitati e conosciuti in Sud Dakota, il loro spirito indomito e il loro essere difensori della natura mi hanno spinto a questo impegno in loro onore.

Myriam: Quando Raffaella mi ha proposto di collaborare a questo progetto, in un primo momento sono rimasta intimorita dall’entità del lavoro, ma subito dopo mi sono lasciata convincere dal suo entusiasmo e dal desiderio comune di creare un’opera che fosse innanzitutto un gesto d’amore nei confronti della cultura Lakota e di pubblico riconoscimento della sua importanza e ricchezza.

Immagino che avrete dovuto svolgere molte ricerche, sia sul campo che non, parlare con i discendenti rimasti… Che esperienza è stata, cosa vi ha trasmesso?

Raffaella: La mia opinione è che il mondo dei Lakota abbia molto da insegnarci, a noi tutti. Ho incontrato persone eccezionali, fiere del loro essere Lakota ma umili e piene di fiducia nel futuro.

Myriam:Il lavoro di ricerca, comparazione e sintesi sulle numerose fonti è stato lungo e impegnativo, ma più di ogni altra cosa è stato emozionante: ogni termine del dizionario ha rappresentato un’occasione di conoscenza e approfondimento di valori universali, che ognuno di noi dovrebbe scoprire o riscoprire in se stesso.

Qual è il messaggio che Lessico Lakota vuole trasmettere?

Raffaella: Che i Nativi Americani, e i Lakota, sono vivi, esistono, e hanno diritto a recuperare quello che la violenza della cultura dei Bianchi ha cercato di cancellare, con una imposizione culturale e tesa a cancellare la loro cultura, la religione, il loro linguaggio stesso che ha rischiato di scomparire.

Myriam: Il libro vuole trasmettere al più vasto pubblico possibile la filosofia del Lakotiyapi (la lingua Lakota), una lingua che rispecchia perfettamente l’universo di valori da cui è nata: un mondo fatto di riconoscimento e rispetto dei vincoli che uniscono non solo gli esseri umani, ma tutti gli elementi del creato.

È ammirevole cercare di conservare culture antiche e importanti, anche lontane da noi se vogliamo, ma che, in quanto europei, abbiamo contribuito a distruggere. È questo il futuro che immaginate per Lessico Lakota? Uno strumento facile e fruibile utile alla conservazione e alla trasmissione di una delle più belle e antiche culture occidentali?

Raffaella:  Gli appassionati dei Lakota, e di personaggi come Toro Seduto, Cavallo Pazzo e Nuvola Rossa, sono molti. E risulta loro difficile trovare informazioni autentiche, sia nella storia che nel presente. Questo è un tributo a tutti coloro che amano un popolo fiero e vogliono saperne di più.

Myriam:Assolutamente sì! Spero che questo libro contribuisca a preservare la cultura Lakota e a trasmetterla in modo semplice ed accessibile a chiunque.

Ci sono altri lavori in cantiere? Indiscrezioni, anticipazioni?

Raffaella: Per ora ci stiamo concentrando su alcuni progetti, top secret. Imminente è invece la uscita del libro di poesie Voyager, di Lance Henson, un poeta Cheyenne che è tra i più importanti del panorama mondiale di autori Nativi Americani.

Myriam:La Mauna Kea ha in serbo molte sorprese per il futuro, sempre nel campo della conservazione delle culture e delle lingue dei popoli indigeni, ma su questo lascio la parola all’editore.

Progetti per il futuro?

Raffaella: Lavorare, lavorare… il mondo della editoria non è facile. Essere schietti e onesti, prima o poi, pagherà in tutti i settori. La cosa importante è essere fedeli a se stessi e ai propri principi.

Myriam: Spero di poter continuare a seguire il più possibile la bussola della curiosità, ovunque mi conduca, per non rassegnarmi mai ad una visione “appiattita” del mondo.

 

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