Domani è il tuo compleanno Gemma, ti vengo a prendere alle venti, sono proibiti i se e i ma, andiamo a festeggiare! Conosco un posticino molto familiare… Ti piacerà.
Gemma era la migliore amica di Matilde, spesso impulsiva, per nulla diplomatica, difficilmente scendeva a compromessi. Non sempre si trovavano d’accordo, ma si stimavano, si rispettavano e si accettavano così com’erano.
La scoperta di avere in comune la passione per la botanica aveva rinsaldato la loro amicizia.
Matilde ripeteva spesso: «La prossima volta che nasco voglio fare il contadino.» E Gemma ribatteva: «Tu coltiverai cavoli e broccoli, io pianterò una vigna.»
Di vini se ne intendeva Gemma: suo padre Girolamo, proprietario di una concessionaria d’auto, aveva una passione per le macchine d’epoca e amava il buon vino.
La portava con lui nel suo “andar per vino”, come gli piaceva ripetere ogni anno, quando più regolare del sole si recava nel trevigiano e nel Friuli, sempre e solo con la figlia.
Alla sua morte erano finite le emozionanti esplorazioni i pellegrinaggi da cantina a cantina alla ricerca dei vini migliori dell’annata.
A Gemma la passione per il buon vino era rimasta, iscritta forse nel suo DNA; l’abbinamento con la
pietanza con la quale un vino si poteva sposare non era contrattabile le aveva insegnato suo padre,
parlare di abbinamenti che non fossero quelli canonici suonava alle sue orecchie come la più orribile delle bestemmie.
Alle venti puntuale, Gemma era già al cancello, indossava il suo caftano azzurro che così bene si
intonava al colore dei suoi occhi e, cosa non trascurabile, nascondeva tra le morbide pieghe quei chili in
più che erano il suo cruccio .
«Non sei grassa, sei morbidosa e soffice!» Le diceva Matilde e Gemma sorrideva con indulgenza all’affettuosa bugia dell’amica.
«Qual è il ristorante? Come si chiama? Lo conosco?»
«È una sorpresa, aspetta e vedrai.»
Gemma non chiese più nulla, era già un bellissimo dono la serata con Matilde; sarebbe stato tristissimo passarla da sola, invano aveva guardato mille volte il telefonino nella speranza di vedere la piccola busta gialla lampeggiare, nessun sms di augurio era arrivato.
«Scusa Gemma, devo passare da casa, ho dimenticato le mie pillole.»
Venne ad aprire Jasmin, la badante senegalese che, anche dopo la morte della mamma di Matilde aveva continuato ad occuparsi delle faccende domestiche.
Jasmin la invitò ad entrane e… Sorpresa, nella sala da pranzo la tavola apparecchiata per due.
«È un’avventura gastronomica il mio regalo di compleanno Gemma, la cucina senegalese è considerata lamigliore dell’Africa e Jasmin è un’ottima cuoca.»
Una cena etnica? Per Dio, cosa era venuto in mente a Matilde?
Doveva mascherare la sua delusione, la gentilezza della sua amica lo richiedeva; non disdegnava i cibi esotici Gemma, ma non sopportava le bevande che li accompagnavano.
Thè verde o alla menta, karkadè o altri infusi da dieta che mi toccherà bere, pensò sgomenta.
Come un condannato a morte deciso a non rinunciare alla sua dignità, con un sorriso che le costò
un’enorme fatica, si sedette a tavola aspettando rassegnata.
«Ho scelto anche i vini che più ami, Prosecco e Refosco dal peduncolo rosso. Ho chiesto consiglio a
Valerio, il sommelier che tu ben conosci.»
Valerio? Pensò Gemma, impossibile! Valerio avrebbe considerato sacrilego servire vini così nobili in una qualsiasi cena etnica e non poteva costituire un’eccezione quella senegalese. Certamente Matilde non glielo aveva specificato.
Gemma non poteva immaginare che le polpette di miglio “Akara”, si sarebbero sposate così bene con gli aromi del Prosecco e che la morbida pienezza del Refosco, superbo come sempre, esaltata dalla “Yassa Poulet” avrebbe incantato il suo esigente palato.
E impari che nonostante le tue difese, le tue più catastrofiche aspettative, le sorprese più belle arrivano così, in punta di piedi, mai per caso.
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