«Alzati Federico, ci sono due carabinieri alla porta, ti vogliono parlare, hai fatto tardi ieri sera, che cosa è successo?»
«Non ne ho idea mamma, è un errore sicuramente.»
«Buon giorno, signor Sartori ci deve seguire al comando, gli spiegherà tutto il
comandante.»
Dio mio, pensò Federico, che cosa ho fatto? Divieto di sosta… Multe non pagate, no, no sono sempre ligio alle regole, sarà un errore, non mi devo preoccupare tra poco sarà tutto chiarito. Mai successo a nessun membro della sua famiglia, chissà cosa avrebbe detto suo padre al ritorno dal lavoro, e sua sorella lo avrebbe preso in giro per una vita.
Nell’ufficio del comandante la sua ansia era alle stelle… Senza preamboli gli chiese:
«Lei frequentava regolarmente la casa della signorina Rosanna Farini? Quali erano i suoi rapporti con la vittima?»
«La vittima? Quale vittima, che è successo? »
«La signorina è stata uccisa brutalmente nella sua abitazione.»
«È terribile, mio Dio, Rosanna morta, ammazzata, cosa è successo?»
«Ce lo dica lei signor Sartori, abbiamo trovato una sua lettera alquanto strana, ci vuole spiegare ora i rapporti intercorsi tra lei e la signorina?»
«Non so niente, non so niente, io l’ho vista ieri mattina alle nove per la solita lezione di inglese…»
«E la lettera, come me la spiega?»
«Avevo deciso di arrangiarmi per lo studio, me la cavo abbastanza in inglese e non voleva far spendere ancora soldi ai miei genitori.»
«Perché non lo ha fatto di persona, o forse lo ha fatto?»
«No, no l’ha messa nella cassetta della posta un mio amico, la lettera, per farmi un favore.»
«E chi sarebbe questo amico, ci dica il nome.»
«Carlo, si chiama Carlo Zin, lo chiami, questo è il suo numero e vi spiegherà tutto.»
«Bene, bene si da il caso che sia proprio lui che ha scoperto il cadavere e che ci ha avvisati; stamani ha trovato la porta aperta, è entrato e ha visto il cadavere. Riversa in un lago di sangue, colpita alla gola, un colpo mortale alla carotide, non è stata trovata l’arma del delitto, un punteruolo o un oggetto molti appuntito sembrerebbe dalle piccole dimensioni della ferita.Una scena terribile, il suo amico era sotto choc quando siamo arrivati. »
«Carlo non doveva salire, solo mettere la mia lettera nella cassetta della posta, è la verità, vi giuro che è la verità.»
«Si calmi, per ora può andare, resti a disposizione, torni oggi pomeriggio per la deposizione, in questo ufficio alle 14.30, puntuale!»
Chi era il sadico che con un martello picchiava nella sua testa senza posa? Un incubo, questo è un incubo, colpa della birra di ieri sera, mi piace la birra ma devo aver esagerato, quella bionda triplo malto fredda al punto giusto e la schiuma quasi compatta, quel sapore un po’ amaro fetta di limone, deliziosa…! Per un attimo il ricordo delle piacevoli sensazioni gli fecero dimenticare dove si trovava… Illusione, la realtà terribile e impietosa lo sommerse come un’onda
maligna. Da dove cominci a far ordine quando la confusione è talmente tanta che non
riesci nemmeno a distinguere i contorni delle cose che si ammonticchiano le une
con le altre e si perdono come se la tua mente fosse una buia soffitta?
I pensieri si aggrovigliavano ai ricordi, alle emozioni con il dolore più profondo e come un mostruoso animale partorito dall’incubo più terrificante erano lì pronti ad aggredirlo. I fatti, ecco i fatti, ma per Dio cosa è realmente successo?
Ordine, devo fare ordine, devo ricordare… Carlo aveva fatto dei commenti sgradevoli nei confronti di Rosanna, tutto era cominciato due sere prima una banale discussione con Carlo.
«Scusa Fede, sei sempre il solito bacchettone, non si può ragionare con te certe volte!»
«Non voglio più sentire stupidaggini Carlo, tu tratti tutte le donne allo stesso modo, sai solo rimorchiare ragazzine in discoteca, bella esperienza che hai!»
«Dai Fede, ci conosciamo dalle elementari e non la bevo proprio l’amicizia con la prof. che vuoi farmi credere? E poi che te ne fai delle lezioni di inglese in quinta liceo da una che insegna alle
medie! Hai una storia con lei?»
Carlo stizzito gli aveva girato le spalle e si era allontanato senza aggiungere altro. Federico era rientrato a casa turbato, pur non volendo ammetterlo, sapeva in cuor suo che qualcosa di vero c’era nelle parole dell’amico. No, si disse, sono io che mi faccio delle fantasie, mi piace, è brava ma anche bellissima e dolce, perché una prof. dovrebbe essere sempre una vecchia zitella
inacidita altrimenti è incompetente? Mi sento un certo scombussolamento quando arriva l’ora di andare da lei, è piacevole sentirsi così, che male c’è?
L’indomani avrebbero iniziato la lettura di Shakespeare & Scespir, un libro di letteratura inglese assegnato come testo per le vacanze estive dalla prof. Onorina Biancucci, vera zitella e quasi un’istituzione del Liceo G. Leopardi. Fede si preparò per tempo, una cura particolare nel tagliarsi la peluria dal viso, che pomposamente chiamava barba, doccia e camicia azzurra che gli stava
particolarmente bene, una spruzzatina di “Profumo di Corteccia” discreto aroma, particolare ma discreto, come piaceva a lui e guarda caso l’aveva notato subito Rosanna.
La lezione era per le nove e dopo i discorsi della sera prima con Carlo, paradossalmente aveva una voglia matta di rivedere Rosanna.
Arrivò molto in anticipo e si infilò nel bar all’angolo, ordinò un cappuccino mentre il tempo scorreva con una lentezza esasperante.
Seduto a sorseggiare il cappuccino immaginava Rosanna sotto la doccia e quel corpo prosperoso, nudo e bagnato, gli fece andare di traverso il sorso caldo che stava ingoiando.
Tutta colpa di Carlo, accidenti a lui e alle sue insinuazioni!
Poggiò sul bancone una moneta da due euro e si alzò rabbioso con Carlo e con se stesso.
Raccolse lo zaino che gli era caduto nella foga e quando sollevò lo sguardo vide
che dal portone usciva un uomo sui cinquanta, un senso di disagio cancello le piacevoli immagini precedenti, quel modo di guardarsi attorno come se temesse di essere visto, gli conferivano un’aria da clandestino. Ancora qualche minuto e suonò il campanello
«Cosa ti sei dimenticato questa volta?»
Un attimo di silenzio e poi…
«Scusi professoressa, sono Federico.»
«Ah, sei tu, un momento… Ti apro subito.»
Non c’erano dubbi, quel tizio era uscito dall’appartamento di Rosanna, lui diciottenne studente e lei professoressa trentaduenne che senso avrebbe avuto un’ipotetica storia? Che stupido sono stato, e ho quasi litigato con Carlo.
Semplici pensieri, altra cosa trovarsi davanti Rosanna sorridente, gentile e profumata; sì profumavano i suoi capelli ancora umidi e la sua pelle leggermente abbronzata, era appena uscita dalla doccia proprio come l’aveva immaginata.
«Mi fai compagnia per un caffè prima di iniziare la lezione? Sono ancora assonnata, ho dormito poco questa notte.»
«Ne ho già presi due stamani, ma non fa niente le faccio volentieri compagnia.»
E intanto pensava, certo che non hai dormito molto, avevi ben altro da fare, pensi che sia così tonto da non aver capito…
«Per chi mi avevi scambiato quando ho suonato il campanello?»
«Per nessuno, sono ancora assonnata e chissà cosa pensavo.»
Crede che io sia proprio tonto…
«Posso andare in bagno per favore?»
«Certo è a destra del corridoio, fai pure mentre preparo il caffè.»
Nei due mesi trascorsi, Federico non aveva mai chiesto di usare il bagno, un segno evidente della sua timidezza, conosceva solamente l’ingresso e lo studio dove sulla grande scrivania si accavallavano libri, quaderni e i suoi voli pindarici.
Entrò nel bagno e ancora nell’aria profumo di buono, di lei; uno sguardo agli oggetti sulla mensola per cercare tracce di una presenza maschile.
Creme e cremette, oggetti a lui sconosciuti, un aggeggio per arricciare i capelli e
una piastra per lisciarli, un pettine a coda, di ceramica, come quello di sua sorella che gli aveva spiegato può passare al controllo in aeroporto senza problemi, irrinunciabile quando vai in vacanza e hai i capelli lunghi aveva aggiunto, ma questo era speciale.
Una piccola R sull’impugnatura scritta con un pennarello indelebile, quella R molto particolare con la quale Rosanna siglava le letture già tradotte, e ancora matite per gli occhi, rossetti, smalti e ombretti, mascara, profumo…
Sul piatto doccia qualche capello, lungo e ramato, un brivido di piacere lo avvolse, chiuse gli occhi e immaginò di passarle la mano tra i capelli, il respiro si era fatto più corto e il cuore accelerava i battiti, si diede dello stupido, ma che diavolo sto facendo ?
Aprì gli occhi e si diresse verso la cucina ma poi la curiosità vinse la discrezione ed entrò nella camera da letto.
Il letto a due piazze di ottone brunito, cuscini strimacciati, in disordine le lenzuola.
La voce di Rosanna lo fece sobbalzare
«Il caffè è pronto, hai finito?»
In tutta fretta ritornò nel bagno a premere lo sciacquone come se lo avesse usato veramente, un lungo respiro e con un’indifferenza che male si accordava con il caos che gli riempiva la testa, entrò nello studio dove Rosanna e due tazzine fumanti lo stavano aspettando.
Nebbia, solo nebbia quell’ora di lezione, e Rosanna sembrava non essersi accorda
del suo imbarazzo.
«Non sempre mi dai del tu, fatichi ancora a considerarmi un’amica, hei, dico a te
ragazzino!»
«Hai ragione, scusa non ho dormito bene nemmeno io questa notte, capita a tutti
non credi?»
«Riposati nel pomeriggio, e domani cerca di essere più attento, oggi hai la testa
altrove. Stessa ora, riprendiamo la stessa versione, buona giornata.»
«Buona giornata Rosanna, a domani.»
Erano le sue fantasie che lo avevano deluso, solo le sue fantasie, inconfessate fino a quella mattina? Brava Rosanna, aveva un amante e doveva essere ricco, altro che il suo stipendio
e le ripetizioni! Non erano affari suoi eppure si sentiva tradito, tradito dalle attenzioni che gli
aveva riservato, dalla confidenza che gli aveva dato, e quando poggiava la mano sulla sua, e quando si avvicinava alla sua spalla sfiorandole il volto con i capelli e sentiva l’alito caldo
mentre leggeva con passione incredibile le frasi d’amore di Amleto per Ofelia?
Tutte fantasie anche quelle?
C’era solo una spiegazione, la signorina si divertiva a provocare, a stuzzicare e sapeva perfettamente l’effetto che suscitava, specie negli studenti imbranati e inesperti come lui.
Chissà che risate si era fatta alle sue spalle con l’amante e quante ancora pensava
di farsene, qui però si sbagliava, inesperto certamente, ma non stupido. Doveva trovare il modo di riscattare il suo orgoglio ferito, per la miseria!
Scriverle una lettera, chiudere in modo elegante, e nel contempo farla sentire in colpa per il suo comportamento ambiguo, questo voleva fare. Ne avrebbe parlato con Carlo, di lui si poteva fidare, e sicuramente lo avrebbe capito e consigliato.
A casa si mise subito all’opera, non voleva che la rabbia e la frustrazione scemassero di intensità e poi voleva far leggere a Carlo quello che stava per scrivere.
“Gentile Professoressa Farini,
Le scrivo per farle sapere che ritengo concluse le sue prestazioni professionali nei miei confronti. La ringrazio dell’amicizia che mi ha dimostrato e della disponibilità di seguirmi nella preparazione per la maturità. Ho deciso di impegnarmi da solo nello studio, sarà una buona
palestra per l’Università. Le accludo il suo onorario per le ultime lezioni e la ringrazio ancora dei preziosi insegnamenti.”
Federico Sartori.
Poteva andare, la stampò in due copie e telefonò a Carlo, sarebbe passato da casa sua nel tardo pomeriggio.
«Ciao Fede cosa è successo? Accipicchia se ti ho sentito strano al telefono e misterioso per giunta, dimmi dimmi…»
«Andiamo in camera mia, è una cosa delicata…»
Carlo seduto sul letto, Federico in piedi che camminava come un leone in gabbia e senza parlare gli mise in mano la lettera.
Lungo silenzio e poi…
«Ora dimmi cosa è successo, ti ha fatto delle avance? Dopo tutte le difese che hai preso nei suoi confronti solo ieri… E perché non dirle a voce semplicemente chenon hai più bisogno di ripetizioni?»
«Ho scoperto che ha l’amante, un tizio sui cinquanta, da non crederci ho provato i morsi della gelosia e sono stato male. Avevi ragione mi stavo prendendo una cotta. Non voglio più rivederla, non ce la faccio, sono stato stupido, lo ammetto, ma ora basta, capitolo chiuso e non prendermi in giro per favore.»
Federico, come un torrente in piena, gli raccontò l’accaduto lasciando libero sfogo al suo stato d’animo senza curarsi del rischio di sembrare puerile agli occhi dell’amico.
«Tranquillo, sono cose che capitano, non è certo colpa tua, è lei che ti stava provocando, e poi chissà cosa sarebbe successo.»
«E così ha un amico la bella, altro che santerellina come mi volevi far credere! Il mutuo e la
macchina nuova, una Subaru, non un’utilitaria… Ecco da dove venivano i soldi, altro che le ripetizioni! E tu ci stavi cascando, le conosco queste tardone, l’amante con i soldi e i ragazzi giovani per divertirsi. Hai fatto bene, la lettera è perfetta anche se a quella non verranno certo i sensi di colpa. Se vuoi passo io a metterla nella cassetta della posta. È un favore che faccio a te e lo faccio volentieri.»
«Grazie Carlo, sapevo di poter contare su di te e sulla tua discrezione. Non ho voglia di passare la serata a rimurginare, usciamo?»
«Avevamo già in programma di trovarci Beppe, Lele e forse Piero nella solita birreria, vieni che ci divertiamo.»
«Grazie ancora, ecco la lettera e i 60 euro, sono in questa busta, ora la chiudo e se Dio vuole tutto finisce.»
La serata in birreria tutti insieme, si erano divertiti un sacco e la birra, la birra un balsamo per la gola e per i cattivi pensieri che era riuscito a scacciare. E poi il risveglio, le domande in caserma, la notizia dell’assassinio, le velate insinuazioni del comandante, Carlo doveva solo mettere la lettera in cassetta, perché era salito nell’appartamento? Lui era la chiave di tutto, doveva parlargli al più presto, chiarire prima di tornare a casa. Chiamò Carlo al telefonico.
«Sto venendo da te, dobbiamo parlare, rimanda qualsiasi impegno.»
E chiuse la comunicazione senza attendere risposta.
Carlo era solo a casa, i suoi genitori erano in vacanza e sembrava sconvolto quanto lui.
«Una tragedia Fede, una tragedia, il portone era aperto e sono salito, Rosanna, aveva avuto una storia con un mio ex compagno, diceva di amarlo e lui era pazzo di lei, dopo un po’ si era stancata e lo aveva scaricato. È andato in depressione, povero, prende ancora farmaci dopo quasi un anno, lo ha distrutto psicologicamente. Ecco perché ero sicuro che volesse fare lo stesso con te e ti avevo messo in guardia. Sono salito perché volevo pregarla che non ti cercasse, che ti lasciasse perdere.»
«Lo conosco? Dimmi chi è.»
«Non chiedermi di più, non te ne ho mai parlato perché sono il solo a saperlo, è una confidenza che non potevo e non posso tradire.»
«Quando sono salito la porta dell’appartamento era aperta, e lei era lì nell’ingresso morta. Dio che orrore. Ho cominciato a tremare e a vomitare, stavo male da morire, quando mi sono un po’ calmato ho chiamato il 112 e sono arrivati…»
«Perché non hai detto tutto questo ai carabinieri, ora sono io nei guai, pensano che la lettera l’abbia portata io e chissà cos’altro, magari che l’ho uccisa. Devi assolutamente venire in caserma con me e spiegare come sono andate veramente le cose.»
«Mi spiace che sia morta ma gli amanti sono pericolosi, forse era sposato e lei minacciava di dire tutto alla moglie e lui ha perso la testa. Sono convocato nel pomeriggio in caserma anch’io e racconterò la verità. Ragioniamo Fede, siamo tutte e due nei guai e dobbiamo aiutarci, non abbiamo fatto niente di male, non siamo colpevoli di nulla e potrebbemmo rovinarci
ugualmente, non sarebbe giusto. Quel tizio che hai visto uscire, il suo amante, è lui l’indiziato da interrogare, parleremo di questo oggi in caserma. Siamo distrutti, mangiamo qualcosa, una
piadina e un po’ di prosciutto crudo e poi ci facciamo una birra, la mente è fatta di corpo, in ipoglicemia non si ragiona lucidamente, accendo il fornetto elettrico, mangiamo la piadina e poi decidiamo cosa fare…»
Era troppo, veramente troppo quello che era successo, e la confessione di Carlo che complicava ancor più la faccenda. Va bene, si disse, forse ha ragione lui, mangio qualcosa e così avrò il tempo per riflettere, per capire cosa fare, non posso sbagliare ne va del mio futuro, della mia
vita. Fissava Carlo intento a preparare le piadine senza vederlo realmente, come in un
caleidoscopio le immagini di quelle ore si rincorrevano disordinate, scorrevano senza posa sullo schermo della sua mente, il cuore pulsava frenetico come dopo una folle corsa.
Masticata e rigirata in bocca, non poteva addebitare alla piadina quel sapore amaro, era la paura che ammorbava ogni cosa e nemmeno la birra riuscì a togliergli quella sgradevole sensazione.
«Devo telefonare a mia madre, sarà preoccupata, che le dico? Non sono abituato a mentirle,cosa le posso dire?»
«Niente, non devi dirle niente, tutto a posto, già chiarito, poi ti spiego. Dille che ti fermi a casa mia per studiare. È già successo tante altre volte e non ci troverà niente di strano. È inutile farla preoccupare fin da adesso. Telefona subito, e non pensare più a tua madre, abbiamo ben altro da fare, dobbiamo metterci d’accordo su cosa dire, ricorda che non abbiamo fatto niente
di male e che ci potrebbero incastrare al posto del colpevole, non sarebbe la prima e nemmeno l’ultima volta che succede.»
«Mi sento a pezzi, la piadina mi è rimasta sullo stomaco e mi gira la testa, tu come ti senti?»
«Come te, uno schifo ma non abbiamo molto tempo e dobbiamo ripetere e ripetere la verità, la relazione del mio amico non c’entra, se diventasse di dominio pubblico potrebbe farlo ripiombare nella depressione e compiere qualche gesto inconsulto, non potrei mai perdonarmelo.»
Arrivarono in caserma puntuali, e Carlo fu chiamato per primo nell’ufficio del comandante.
«Lei signor Sartori aspetti qui, dopo verrà il suo turno, sentiremo prima il signor
Zin.»
«Perché?»
Nessuna parola genera un senso di sconfitta come un perché senza risposta, non ti
rassegni all’evidenza e per quanto inutile sia la domanda alla quale sai bene non ci sarà mai risposta, continui a proporla ossessivamente come se il vuoto a cui la rivolgi sentisse la tua disperazione e del tuo lamento avesse pietà. Così Federico girava e rigirava quei dannatissimi perché, l’infatuazione per Rosanna la causa di tutti i suoi guai, perché era successo?
Perché aveva scritto quella lettera? Perché Carlo non aveva messo la lettera nella cassetta della posta come avevano concordato? Perché gli aveva tenuta nascosta la relazione di Rosanna con il suo compagno? Cosa stava accadendo nella stanza accanto?
«Entri Signor Sartori, le leggerò le dichiarazioni del qui presente Signor Zin, se
ha qualcosa da aggiungere o da obiettare lo dica alla fine altrimenti firmi anche
lei e poi potete andare.»
Carlo era stato bravissimo nell’esporre i fatti e Federico non trovò nulla da ridire.
«Le indagini proseguiranno per altre vie e la ricontatteremo perché identifichi la persona che ha visto uscire dalla casa della vittima. Non verrà fatto il suo nome, Signor Sartori, e nessuno di voi due dovrà parlare fino a che non saranno concluse le indagini. La morte della Farini è stata fatta risalire tra le ore 20.30 e le 21.30 di ieri sera dal medico legale, la vostra presenza in birreria è stata confermata da più testimoni, siete arrivati intorno alle 20.00 e avete lasciato il locale subito dopo la mezzanotte, è esatto?»
Un sì deciso di Carlo, un cenno del capo come assenso di Federico non sarebbe riuscito a pronunciare sillaba, la lingua si era incollata al palato, la gola secca come il più arido assolato deserto, rivoli di sudore freddo lungo la schiena, l’adrenalina alle stelle.
Poi incredulo si trovò fuori dal comando, l’incubo era finito…
«Hai visto Fede che tutto è andato bene. Quando avranno trovato l’amante e tu lo avrai identificato potremmo dimenticare questa brutta esperienza.»
«Brutta? Drammatica vorrai dire, ho lo stomaco sottosopra, la piadina fa a pugni con la birra, passiamo da casa tua, hai del bicarbonato?»
«Certo, ti preparo io una pozione che ti farà stare subito meglio.»
«Grazie, non posso tornare a casa in queste condizioni, mia madre mi farà il terzo grado, altro che il comandate dei carabinieri! Domani ci sarà l’articolo sul delitto e allora apriti cielo, sento già le domande dei miei e la curiosità di mia sorella, sarà asfissiante non mi darà pace.
Se sapessero del mio coinvolgimento per l’identificazione poi… Non oso immaginare la loro preoccupazione. Anche se non vogliono saremo al centro dell’attenzione alla fine delle indagini, figurati i giornalisti. Un’estate da incubo ci aspetta.»
Le membra intorpidite dalla tensione, che fatica camminare le gambe sembravano due tavole di legno e poi finalmente seduto in cucina mentre Carlo gli preparava un bicchiere d’ acqua con bicarbonato e succo di limone sperando che funzionasse, stava male ma proprio male per la miseria! Disgustoso l’intruglio che ingoiò a piccoli sorsi e prima di aver vuotato il bicchiere lo stomaco si ribellò a quello che per lui era un insulto.
Un conato di vomito e di corsa in bagno, appena in tempo… Gocce di sudore gli
imperlavano la fronte mentre i conati continuavano anche se ormai nello stomaco restavano solo succhi gastrici.
«Hai bisogno di aiuto?» La voce di Carlo arrivava da un mondo lontano…
«No, no, ora mi passa, aspettami in cucina, lasciami solo per favore…»
Seduto sulla tavoletta del water per riprendere fiato, debole e stremato ma libero dall’oppressione che lo aveva tormentato e non solo fisicamente, non era più unindiziato e solo ora ne era pienamente cosciente. La sensazione di aver scampato un pericolo gli fece passare come per magia tutta l’ansia accumulata nelle ore di quel lunghissimo, infernale giorno.
Si sciacquò la bocca con l’acqua poi aprì l’armadietto sopra il lavandino per cercare il collutorio, ne aveva proprio bisogno, niente collutorio, almeno un asciugamano pulito per lavarsi la faccia. Infilò la mano sotto la pila di quelli puliti per prendere una salviettina per gli ospiti, gli dispiaceva usarne uno grande, ne aveva già sporcati due in modo indecente e… Accidenti mi sono tagliato per la miseria, accidenti mi sta uscendo sangue sto sporcando tutto… Accidenti, accidenti che c’è qui sotto? Per la miseria un pettine di ceramica, è questo che mi ha
ferito! Sporco di sangue rappreso che non poteva essere il suo. L’ansia e la nausea lo assalirono più forte di prima, un dolore che non avrebbe potuto descrivere, mai sentito prima, passava dalla mente a ogni cellula del suo corpo e il cuore schiacciato da un enorme macigno sembrò fermarsi. Era il pettine di Rosanna, ne era certo, non poteva sbagliarsi, quella R la conosceva bene, quel pettine di ceramica che aveva tenuto tra le mani il giorno prima era lì, tra le salviette di spugna nel bagno di Carlo. Era quella l’arma del delitto, Carlo, era lui che aveva avuto la relazione con Rosanna, nessun fantomatico vecchio amico… La verità era lì, davanti a lui,
lapidaria… Mio Dio…
L’aveva uccisa, il pettine un improvvisato stiletto. Quando insisteva per sapere se ci fosse qualcosa tra lui e Rosanna non era curiosità, era gelosia, e il favore di portare la lettera al suo posto era stata una scusa, una scusa per farsi aprire. L’aveva sicuramente pregata di rimettersi insieme e forse lei lo aveva deriso, e lui aveva pianto, poi era andato in bagno per lavarsi il viso e aveva trovato il pettine, la rabbia e la delusione avevano fatto il resto. Come un lampo che squarcia il buio nella notte il ricordo della sera prima diventò chiarissimo. Beppe, Lele e Piero erano con lui, ora ricordava erano già alla seconda birra, quella bionda triplo malto fredda al punto giusto e la schiuma quasi compatta, quel sapore un po’ amaro e la fetta di limone, deliziosa… e Carlo, Carlo, in birreria era arrivato alle nove!
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