Chiara Passilongo

Chiara Passilongo è nata nel 1981 e vive a Verona. Laureata in Odontoiatria, lavora come dentista. Ha frequentato la scuola di scrittura Palomar di Mattia Signorini a Rovigo. Questo è il suo primo romanzo.

Ciao Chiara! Grazie per il tempo che ci dedichi e complimenti vivissimi per il successo, di pubblico e di critica, che il tuo primo romanzo, La parabola delle stelle cadenti, edito da Mondadori, ha conquistato in breve tempo!

Grazie a te, Lara, e a LiberoVolo!

Sappiamo che abiti a Verona, sei sposata, hai 34 anni e lavori come odontoiatra infantile. Perché e come si passa da un ambulatorio dentistico a scrivere un libro?

La passione per la scrittura l’ho sempre avuta fin da bambina. Ho iniziato a scrivere il primo raccontino all’età di sette anni, poi un romanzo alla fine delle elementari. Successivamente una ridda di storie fino agli dell’università, dove ho intrapreso studi medici seguendo una tradizione familiare. Ma le passioni tornano sempre, e così, quando due anni fa mi sono ritrovata ad avere del tempo a disposizione, ho deciso di prendere il toro per le corna e fare sul serio, iscrivendomi al master di narrazione della scuola Palomar di Rovigo, per cercare di scrivere un romanzo che finalmente mi soddisfacesse.

La parabola delle stelle cadenti è un romanzo che, con una scrittura matura e una trama avvincente, racconta la storia dei vicentini e, di pari passo, quella più ampia dell’Italia dagli anni ’80 a oggi. La famiglia è capitanata da Achille, il quale è affiancato dalla soave e amorevole moglie Nora e dai gemelli, nati nella notte di san Lorenzo, Gloria e Francesco. Su quest’ultimo, in particolare, il padre ha riversato le aspettative per la conduzione della loro azienda dolciaria. Ma i figli sembrano intenzionati a seguire altre strade e… Ciascun personaggio è psicologicamente ben delineato, senza prevaricare sugli altri. Tra di loro, c’è però qualcuno che ti ha dato più filo da torcere per la sua definizione o per il quale sei stata più incerta riguardo al futuro da assegnargli?

Forse il personaggio di Francesco è quello sul cui futuro ero più incerta, data anche la sua complessità. Vuole distanziarsi dal padre Achille perché questo non lo comprende e non lo accetta per quello che è, e si allontana quindi da una famiglia che rischia di diventare una trappola soffocante. Con il passare degli anni, Francesco, pur con tutte le differenze del caso, si rende conto di assomigliare a suo padre più di quanto lui stesso sia disposto ad immaginare e la cosa lo spaventa. Grazie all’intelligenza di Nora e alla funzione salvifica della musica, il rapporto tra padre e figlio potrà vedere uno spiraglio, mentre gli stessi interessi di Francesco cambiano, e dalle delusioni del mondo accademico, sembra orientarsi di più più all’impegno politico. Un personaggio ombroso a tratti anche a se stesso, ma con una grande tensione agli ideali più elevati, generoso e intransigente, onesto e draconiano.

Hai avuto dei modelli letterari di riferimento?

Quando ho pensato di scrivere un romanzo sull’ascesa e la caduta di una famiglia borghese, non ho potuto fare a meno di leggere un grande classico che affronta questo tema: I Buddenbrook di Thomas Mann, autore che avevo già molto apprezzato per il dissidio tra spirito borghese e spirito artistico descritto nel Tonio Kröger.
Per la denuncia sociale e politica mi ha ispirata uno dei libri che più ho amato, E le stelle stanno a guardare di A.J. Cronin. E per un finale aperto alla speranza nonostante tutto, Via col vento di Margaret Mitchell.
In generale per la costruzione dei personaggi ho cercato di rifarmi ai classici, con caratterizzazioni precise e uno studio approfondito sulle relazioni dei quattro protagonisti tra loro e con l’ambiente, che diventa esso stesso personaggio. Lo sviluppo della trama è infatti funzionale all’evolversi della psicologia di Achille, Nora, Gloria e Francesco nel corso dei decenni e degli eventi della Storia. Devo ringraziare poi Le Correzioni di Franzen per avermi suggerito il senso del grottesco e dell’iperbolico necessari per sdrammatizzare le storie familiari, e le colonne sonore così amarcord de Il fasciocomunista di Pennacchi.

Hai incontrato delle difficoltà nella stesura di un romanzo così corposo e, in caso affermativo, come ne sei uscita?

Quando è entrato in scena Andrea, all’inizio della seconda parte, il romanzo poteva deragliare e diventare un’altra storia, seguendo la scia di un personaggio così dirompente e carismatico, al pari di Achille. Non è stato semplice tenere le redini della trama, ma mi sono detta che questa era la storia della famiglia Vicentini. Per le descrizioni delle fasi di lavorazione di un’industria dolciaria ho provato a contattare varie aziende del mio territorio per poterle visitare, ma non è stato possibile, così ho cercato le informazioni che mi servivano su internet, e alla fine ho trovato su Youtube dei filmati postati da quelle stesse fabbriche. Ho passato pomeriggi a sbobinare i segreti del lievito madre, dei batteri, e delle ore di lievitazione…

Avessi la possibilità di riscriverlo da capo, cambieresti qualcosa?

No. Sono soddisfatta del risultato.

Quale messaggio vorresti che i lettori cogliessero dal tuo romanzo?

Che nonostante la vita negli ultimi anni sia diventata più precaria, sia dal punto di vista lavorativo che affettivo, non è perdendosi d’animo che si risolvono i problemi. Ho voluto affidare a Francesco e Gloria il messaggio che una maggiore consapevolezza di sé, dei propri desideri, inclinazioni e aspirazioni, la riscoperta per esempio dell’impegno politico e dei valori familiari, possono aiutarci a guardare con più speranza il futuro.

Progetti futuri? C’è già in cantiere un’altra storia da raccontare?

Credo di essere inevitabilmente attratta dalle storie familiari. Ognuno di noi, nel bene e nel male, è infatti il risultato, per somiglianza o contrasto, di chi ci ha cresciuto.

Ti senti di dare dei consigli a chi vorrebbe seguire le tue orme?

Io posso parlare solo per la mia esperienza, e posso dire che l’aver frequentato la scuola Palomar mi ha aperto gli occhi su alcuni errori nell’impostazione della storia e nei dialoghi delle mie opere precedenti. Lavorare sulla sinossi per vari mesi, prima ancora che sulla scaletta, con Mattia Signorini, Giulia Belloni e gli altri corsisti, è stata un’esperienza formativa, impegnativa ed entusiasmante.
Credo quindi che frequentare laboratori, far leggere i propri lavori a editor, o scout possa essere un passo importante, oltre al fatto che questo affina la capacità di lettura critica, e di vedere come altri autori hanno risolto magari lo stesso impasse in cui ci troviamo noi.

Qual è la soddisfazione più grande che hai ricevuto con la pubblicazione del tuo libro?

Il commento di Antonio Franchini, che ha paragonato il romanzo a un classico dell’Ottocento, ma con il ritmo di una serie televisiva americana e la forza di una pagina Instagram.
E poi le tante persone che mi scrivono o che incontro alle presentazioni, che mi dicono che hanno letto il libro e si sono commosse, o si sono identificate in questo o quel personaggio, o che hanno rivissuto pezzi della propria storia attraverso la famiglia Vicentini.

Che cosa si prova in questa “nuova vita” di persona famosa? Come vivi il successo che ti sta riempiendo la tua vita? Tuo marito e la tua famiglia hanno paura che ti cambi?

Sono apparsa sulle riviste e sui quotidiani, è vero, ma la mia vita non è cambiata più di tanto. Certo, sono molto impegnata con le presentazioni e la promozione, ma per il resto, continuo a fare le cose di sempre.
Grazie ancora per la tua disponibilità!

Grazie a te, Lara, e ai lettori!

 

Lara Massignan

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