Home » Infanzia indiana di Charles A. Eastman

Non è facile parlare di questo libro perché mi sono accorta di quanto “mondo” ci sia dietro una civiltà per noi antica e quasi scomparsa come può essere quella americana. Intendo la “vera” civiltà americana, quella dei nativi e delle tribù che popolavano gli attuali Stati Uniti, non quella moderna insediatasi con l’arrivo del “civile” bianco europeo. È vero, i nativi americani non sono, purtroppo, l’unica società che durante i secoli ha subito soprusi, inganni, genocidi e segregazione, eppure per un qualche motivo è quella forse, e dico forse, possiamo sentire tra le più vicine. Probabilmente perché per noi, oggi, il continente americano non è più così lontano, perché ne avvertiamo continuamente l’influenza politica, culturale e sociale, perché per molti di noi l’America rimane il sogno da esplorare, quella chimera di apparente eroismo, perfezione ed esempio a cui costantemente si aspira, anche solo per un viaggio. Chi di noi, infatti, non sogna di poter andare negli Usa un giorno o magari non lo sta già progettando? Le grandi città, gli spazi immensi, i canyon, le icone del cinema, della tv, della letteratura e della musica, le università, i paesini di periferia… potrei andare avanti all’infinito. Eppure, tutto ciò che a noi oggi fa gola, se vigliamo essere puntigliosi, non è tipicamente americano, è tipicamente europeo, ad eccezione delle caratteristiche naturali dei luoghi, e lo scotto di tutte queste “meraviglie” lo hanno pagato gli indigeni. Tipicamente americano è, al contrario, quello che ci racconta Charles A. Eastman, originario della tribù dei Dakota, in Infanzia indiana (Mauna Kea edizioni, pp. 185), un testo che risale alla fine dell’Ottocento, inizio Novecento, scritto dopo che l’autore ha definitivamente abbandonato le sue radici indigene per integrarsi alla nuova società e diventare medico. Nel suo libro-memoir, Ohiyesa, questo il suo nome originale, ci racconta cosa significa vivere a stretto contatto con la natura e gli animali, vivere come un “indiano”; com’era strutturata la loro società, i ruoli che ognuno ricopriva, i simboli, la devozione al Grande Mistero, la caccia, il combattimento e la guerra e le bellissime e commoventi leggende del suo popolo. L’amore, i guerrieri, l’onore e la forza erano i protagonisti assoluti di questi iconici racconti con funzione educativa. Un testo davvero meraviglioso da avere in casa, sugli scaffali, anche solo per ricordarci, ogni tanto, del nostro legame primordiale con la natura, in quanto noi stessi parte del creato. Un libro a tratti quasi spirituale e, per me, fonte di sofferenza per alcuni riti celebrativi che non sarei mai in grado di accettare. Un bel volume che mi sento davvero di consigliare a chi nutre curiosità verso i popoli indigeni d’Oltreoceano, ma anche per conoscere qualcosa di diverso, per approfondire e capire meglio quegli stessi popoli dalla voce diretta di uno di loro. E soprattutto per non dimenticare un importante patrimonio culturale.

Cinzia Ceriani

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