Home » Pioggia sottile di Luis Landero

È complicato trovare le parole giuste per definire questo romanzo che, devo dire la verità, mi ha un po’ intimorito quando ho letto che l’autore è stato un po’ paragonato a mostri sacri come Dostoevskij e Flaubert con il suo Madame Bovary. E, a pensarci ora, a lettura terminata, qualcosa, un vago rimando a questi due autori c’è: l’irrequietudine e la costante ricerca di qualcosa che contraddistingue due delle protagoniste femminili, Sonia e Andrea, quest’ultima in particolare, e il senso di ansia, angoscia e inettitudine trasmesso dalla madre e da Gabriel, fratello più piccolo, iper-coccolato e catalizzatore di attenzioni della madre.

Pioggia sottile (Fazi editore, pp. 238) di Luis Landero, uno dei più importanti autori spagnoli contemporanei, è un romanzo denso e intenso, soffocante quasi, scolpito nella rabbia e nel risentimento, in piccoli grandi traumi infantili mai superati di una famiglia disfunzionale formata da membri estremamente disturbati, che faticano a distinguere il vero dal falso, la realtà dalla fantasia, il bene dal male. Ricordi che affiorano in telefonate e incontri con Aurora, l’unica a non avere un legame di sangue con loro in quanto moglie di Gabriel, sotto i cui occhi, gli unici che riescono a guardare con lucidità gli avvenimenti, diventano incubi concreti e tangibili, oscuri labirinti di perversione e mal celati tentativi di sopravvivenza.

Questo romanzo è l’ennesima dimostrazione di come i genitori – o la loro assenza, fisica ed emotiva – influenzano, determinano e condizionano la vita dei figli. È un flusso continuo, ininterrotto di parole e sentimenti forti e pesanti come macigni, senza pausa né tregua, non c’è spazio per tirare il fiato. Personaggi e lettore sono in apnea emozionale. E per questo devo ammettere che ho dovuto interrompere più volte, fare una pausa tra una sessione e l’altra di lettura per non finire ingoiata e appesantita come quando, in acqua, si va a fondo.

Eppure, nonostante ciò, il libro si legge in un soffio, trenta, quaranta, cinquanta pagine si macinano così, da niente, ma poi se ne esce distrutti. Almeno io. Abuso, anaffettività, mancanza di calore e di comunicazione, scelte forzate, desideri maciullati e aspettative deluse. Indolenza e bisogno di sfogare, scaricare su qualcun altro, in questo caso Aurora, i propri demoni. È tanto. Tanto sentire concentrato in poche pagine.


Cinzia Ceriani

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