Home » La morte di Ivan Il’Ic di Lev Tolstoj

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Recensione

Capire perché Tolstoj è considerato un genio non è affatto difficile. In questo breve romanzo vi è raccontato tutto il fatalismo che permea la vita umana. Non importa cosa farai, come lo farai, per quale scopo o chi tu diventerai o sei già, in ogni caso la fine, nel vero senso della parola, è sempre la stessa, uguale per tutti. La morte è l’unica, grande livellatrice dell’uomo. E oltre ad arrivare per tutti, questa fine, può farlo anche nel modo più semplice e banale. E appena la morte fisica si manifesta, ancora prima di morire effettivamente, vi è la morte sociale, e ci si rende conto che attorno ci sono solo sciacalli in attesa di banchettare sul corpo. Ivan Il’ic è un personaggio straordinario, rappresenta e racchiude in sé la realtà umana, il suo inizio, il suo apice e la sua caduta. E questo concetto viene espresso dall’autore con una tale naturalezza tale da risultare quasi spiazzante, ovvia, pur non essendoci nulla di ovvio. Ogni altra parola, in aggiunta a ciò che ho scritto, è superflua, oppure è insufficiente ciò che ho scritto, dipende dai punti di vista. Si potrebbe parlarne per ore. Amo Tolstoj. Leggetelo.

 

 

 

Trama

Ivan Il’ic ha una vita soddisfacente, una buona carriera, una vita familiare e sociale apparentemente appagante. Nel nuovo appartamento di Pietroburgo, città in cui si è trasferito dopo una promozione, cade da uno sgabello, sistemando una tenda, e prende un colpo al fianco. Il dolore provocato dalla caduta diventa, nei giorni, sempre più forte e tutte le cure si rivelano inutili. Il pensiero della morte gli fa riconoscere la falsità della sua vita, di chi lo circonda, dei suoi apparenti successi. L’unica persona che gli sa stare vicino è un giovane servo che lo assiste fino alla terribile agonia. Morente, capisce che così libererà, prima che se stesso, gli altri dalla sofferenza e con questo pensiero muore sereno.

 

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