Sono ormai 9 anni che esiste LiberoVolo e, vi dico la verità, quando ho iniziato quest’avventura pensavo che sarebbe durata poco, forse, se avevo fortuna, qualche mese e invece eccomi qua. E altrettanti sono quindi gli anni, probabilmente qualcuno in più se si contano anche quelli antecedenti a LiberoVolo, che lavoro con gli autori, emergenti e non, che li aiuto e li sostengo, che sono editor freelance e che collaboro, in maniera differenziata ovviamente, con alcune case editrici.
Ho quindi pensato, senza alcun tipo di pretesa, di scrivere una serie di articoli periodici incentrati proprio su questi argomenti che ormai, inseime alla lettura costante e a volte vagamente compulsiva, sono diventati un po’ la mia vita: l’editing, la correzione bozze, la pubblicazione, il selfpubishing, le case editrici, le recensioni, le promozioni, eccetera.
L’obiettivo è molto umile e semplice: non vi è, come scrivevo poco fa, nessuna pretesa di diventare una guida o altro, ma solo la voglia di riportare e condividere la mia esperienza, per lo meno quella acquisita fino ad oggi, e chiarire ove possibile alcuni dei dubbi che mi vengono rivolti o che mi capita di leggere anche sui social.
Direi quindi di iniziare non dalla base, quella sarebbe la stesura del libro, ma quasi, dalla figura dell’EDITOR e dall’EDITING. L’editor è una figura professionale che in Italia è conosciuta per lo più come “redattore di casa editrice”, molto ben strutturata, richiesta e “utilizzata” all’estero (Usa e Inghilterra principalmente), ma che nel Bel Paese sta uscendo dalla nebbia solamente negli ultimi anni.
MA CHI E’ L’EDITOR? L’editor è il lettore beta, quella persona che, non essendo di parte in quanto non rientra nella cerchia delle amicizie o della famiglia dell’autore, può fornire un giudizio obiettivo e sincero sul testo proposto, è colui, o colei, che può indicare all’autore quali sono i punti di forza e i punti deboli del testo o del romanzo, sia, soprattutto, da un punto di vista contenutistico (discrasie, salti temporali, buchi di trama, ecc) che tecnico grammaticali e tecnico editoriali.
A mio avviso un buon editor dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:
obiettività oltre i propri gusti personali: se un romanzo non piace perché non rientra nei propri gusti letterari, ad esempio di genere, ma ha buone potenzialità di mercato per idea, trama, struttura, stile narrativo, NON è giusto scartarlo o rimandarlo al mittente consegnando all’autore un messaggio errato. L’editor, bravo, ci lavora comuqnue, anche se il genere letterario a cui l’opera appartiene non rientra nella sua comfort zone.
obiettività: allo stesso modo, ritengo inutile e di cattivo gusto lavorare ad un’opera che si sa già, dalla lettura preliminare, che non avrà possibilità per le stesse ragioni sopra menzionate, ma che comuqnue si accetta di lavorarci, o peggio si spinge l’autore, solo perché “così mi paga”. Credo che sia assolutamente poco professionale, una perdita di tempo e un atteggiamento irrispettoso sia nei confronti dell’autore (lo si illude e lo lascia alla mercé di future critiche e recensioni negative) che per i lettori che verranno poi (gli si fornisce un’opera… che non va)
empatia: questa è una peculiarità che io almeno ho sviluppato nel tempo, autore dopo autore. Per fare un buon editing occorre capire dove l’autore vuole andare a parare, cogliere i messaggi che vuole trasmettere con il suo libro, sia quelli palesi che quelli sottintesi (perché c’è sempre, in ogni libro e in ogni lettura, un sottinteso), interpretare le emozioni e le azioni dei suoi personaggi e aiutare quindi l’autore a trovare, laddove serve, il modo corretto, semplice, lineare e pulito di far giungere questi stessi messaggi anche ai lettori. (P.s. Ricordiamoci sempre che l’autore HA tutta la storia in testa, è più facile per lui capire e cogliere i suoi stessi messaggi, gli sono palesi, le scene che descrive, i personaggi. NON è così per chi legge, che neppure può entrare nella testa dell’autore, deve cogliere attraverso le sue parole).
Non deve imporre la sua personale visione sul libro: per quanto non possa piacere come l’autore riporta un determinato fatto (a meno che non si tratti di ovvie inesattezze storiche, sceintifiche, tecniche, ecc) bisogna rispettare il volere dell’autore. Nel senso che è compito dell’editor far notare imprecisioni e imperfezioni (contenutistiche, su quelle grammaticali non si discute) giustificandole, chiaramente, e proponendo un’alternativa, ma se l’autore insiste a voler mantenere la sua versione è giusto che ciò succeda. E’ un peccato, lo so, soprattutto se l’intervento dell’editor è ragionavolmente corretto, ma il romanzo NON E’ DELL’EDITOR, E’ DELL’AUTORE. L’utlima parola spetta a lui. E’ lui, sempre in un confronto, a decidere quali interventi dell’editor accettare e quali no e a cercare insieme altre soluzioni. E’ un lavoro di squadra. Se arrivaranno, in futuro, delle imposizioni dovrà essere la casa editrice, in base alla sua politica, a discuterne con l’autore.
Conoscere la grammatica, leggere molto e avere, per quanto possibile, un’ampia cultura di base che possa toccare diversi fronti, avere un’occhio sempre puntato sul mercato editoriale e una propensione alla ricerca (nel caso in cui incorra in argomenti che non conosce ma che deve verificare per capire se i contenuti del testo sono corretti): mi pare abbastanza ovvio.
Quindi, alla luce di tutto ciò, perché E’ IMPORTANTE FARE UN EDITING? Per diverse ragioni:
1- Per non lasciare un’opera a metà. Scrivere un libro, un testo, richiede tempo, sforzo e impegno e non è scrivendo la parola fine sull’ultima pagina che si completa il percorso: vi è tutta la revisione dei contenuti e della grammatica, dello stile, i tagli, gli ampliamenti, gli approfondimenti, i chiarimenti, gli equilibri da assestare e l’autore da solo NON lo può fare per ciò che dicevo sopra. Lui ha tutta la storia in mente e non può rendersi conto di tutti, gli aspetti coinvolti: se ci sono salti temporali, se il personaggio, ad esempio, cambia colore di capelli da una pagina all’altra senza motivo, se ci sono buchi di trama, contrasti, refusi, ripetizioni, eccetera. Fidatevi, non se ne rende conto, o per lo meno non in maniera ottimale, soprattutto per quanto riguarda i contenuti.
2- Per offrire un prodotto finale che sia più perfetto possibile. Sembra una cosa scontata, ma in realtà non lo è. Più un libro, un testo, è ineccepibile e più possibilità ha di essere preso in considerazione dalle case editrici e, successivamente, dai lettori. Tenete bene a mente una cosa: A FARE IL SUCCESSO DI UN LIBRO NON E’ LA CASA EDITRICE MA SONO I LETTORI. Se conquisti loro, hai conquistato tutto.
3- Per una questione personale, anche di crescita. Nel caso in cui il libro non verrà mai pubblicato per scelta dell’autore (ce ne sono che scrivono solo per se stessi, perché no, anzi, è un bene) è un’occasione per terminare ciò che si è iniziato e imparare, migliorarsi come scrittori.
Questo è quanto. Credo di non aver saltato nulla e di aver detto più o meno tutto (ho tralasciato le modalità di lavoro e il come si diventa editor, ma questo è un argomento ampio, a parte, che è anche difficile rendere in una articolo di poche righe perché varia da libro a libro e da percorso e percorso).
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