Home » L’esercito dei 14 bambini – Fuga impossibile di Emmy Laybourn
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Ora che sono giunta alla fine di questa saga, una trilogia che mi ha colpita fin da subito, due anni fa, con l’uscita del primo volume, posso concedermi di scrivere una recensione che riguarda sì quest’ultimo romanzo in libreria da oggi, ma che coinvolga, ad ampio raggio, tutti e tre i volumi.
Concentriamoci comunque su quest’ultimo. Ho atteso con impazienza la conclusione delle avventure di Niko, Dean, Josie, Astrid e di tutti gli altri bambini e ragazzini coinvolti nella catastrofe chimico – ambientale che ha dato origine ad un mondo dove le persone modificano il proprio essere a causa di alcune sostanze chimiche nell’aria che influiscono su di loro in base al gruppo sanguigno. Ebbene, dopo tanta trepidazione posso affermare che la saga distopica di Emmy Laybourn di per sé è molto affascinante e particolare, dinamica, attiva, colma di suspence e di colpi di scena, ma aimè tale aspetto non è stato rispettato in egual misura nel capitolo conclusivo della serie. L’esercito dei 14 bambini – Fuga impossibile (newton Compton editori pp. 320) ha sorretto lo standard dei primi due solo per tre quarti del libro, quando, onestamente, pensavo che sarebbe seguito un quarto volume. E invece no.
Purtroppo la delusione è arrivata nel finale. Troppo frettoloso, con alle spalle una miriade di domande a cui non viene data risposta e argomenti intriganti che non vengono approfonditi, lasciando il lettore con l’amaro in bocca. Ed è un peccato, è un enorme dispiacere per me, che ho apprezzato fin da subito questa storia sebbene fosse più adatta ad un pubblico adolescenziale piuttosto che adulto, sia per il ritmo serrato con cui l’autrice la racconta che per la caratterizzazione dei personaggi, con i loro punti di forza e le loro mancanze, senza tralasciare gli egoismi tipici dell’età e la sfrontatezza.
La suspence, come dicevo, fa da padrona per buona parte del romanzo, la cui narrazione alterna il punto di vista di Dean e quello di Josie, ma alla fine, negli ultimi due, tre capitoli, ho avuto l’impressione che l’evolversi della vicenda sia stata “compressa”, costruita in maniera sbrigativa e superficiale, chissà per quale motivo. Gli esperimenti che il medico voleva eseguire su Josie e su altri pazienti, incurante delle loro vite, sono stati repentinamente annullati solo perché Josie, Niko e company erano i ragazzi del supermarket scampati alla morte e conoscevano suo figlio (del medico), a mio avviso una soluzione banale e molto semplicistica che ha abbassato notevolmente il livello di originalità e interesse. Sarebbe stato maggiormente stimolante uno sviluppo più corposo, particolareggiato e dinamico, visto oltretutto che l’istituto medico in cui si svolgevano era di stampo governativo. Può un’organizzazione governativa mollare l’osso e accettare una scusa così ordinaria davanti ad una catastrofe chimica che muta nel corpo e nello spirito le persone che hanno la sfortuna di avere il gruppo sanguigno sbagliato? Ho qualche perplessità al riguardo. E i centri di contenimento dei soggetti pericolosi in cui era rinchiusa Josie? I bambini che erano con lei che fine hanno fatto? Per non parlare di Jake… è sempre stato un personaggio di punta del romanzo, dal primo volume, e decide di andarsene. Nessuno lo cerca e nessuno sa che fine fa. Nessuno si preoccupa, come se non fosse mai esistito. Stessa cosa per altri personaggi, come i militari che li hanno aiutati a fuggire dal centro in Canada, ad esempio. Sarebbero stati tutti utili elementi per un ulteriore filone da costruire e sviluppare e che avrebbe di certo contribuito a rendere ancora più notevole la storia.
Non lo so, ma sinceramente la fine di questa saga mi ha lasciato un vuoto, come se non fosse ancora del tutto conclusa, come se mancasse qualcosa.

Cinzia Ceriani

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