Spesso non è facile, per noi lettori incalliti, accettare le scelte narrative degli autori. Noi ci affezioniamo ai personaggi, parteggiamo per l’uno o per l’altro, ci emozioniamo, ci arrabbiamo, ridiamo e piangiamo con loro e quando ci troviamo di fronte ad un finale che ci fa arricciare il naso, o che delude le nostre aspettative o che va contro le nostre aspettative… be’ non possiamo fare altro che tirare un profondo sospiro e immaginare noi di far percorrere ai personaggi una strada del tutto diversa, un destino magari meno banale o meno triste, o ancora meno deludente di quello scelto dall’autore. Dai classici ai contemporanei, dalla narrativa ai thriller a me è successo spesso di arrivare alla fine ed esclamare: “Ma no! Ma come?” E sospirare. A voi è successo?
Vi riporto qui sotto i quattro libri che più di altri avrei voluto fossero finiti in modo diverso.
CIME TEMPESTOSE DI EMILY BRONTE
Anche se non sembra, sono un’inguaribile romantica. Cime tempestose è stato uno dei primi classici che ho letto e rimane tutt’ora, dopo successive riletture, uno dei miei libri preferiti, ma ogni volta non posso esimermi dal desiderio di leggere un destino diverso per Catherine e Heathcliff. La loro è una storia d’amore e di vita appassionata e struggente, dominata dalla rabbia e dal risentimento, dalla vendetta e dal desiderio di dare e ricevere amore. Quanto vorrei un lieto fine per loro…
LE NOSTRE ANIME DI NOTTE DI KENT HARUF
Un romanzo breve e coinvolgente, particolare, che mi ha dato una prospettiva diversa sui sentimenti nella terza età, ma quanta tristezza quando Louis ed Eddie sono stati costretti a separarsi per colpa delle scelte del nipote di lei. Egoismo, indifferenza e superficialità nel considerare i sentimenti e i desideri di due persone ormai non più giovani, che altro non volevano se non stare insieme, compagnia reciproca, amarsi. Tristissimo e delicato allo stesso tempo, ma avrei tanto voluto che i due protagonisti avessero continuato ad incontrarsi di notte
INCUBO DI WULF DORN
Adoro Wulf Dorn, uno dei miei autori thriller prediletti. Amo il suo modo di scrivere e sondare la psiche umana, il taglio e l’interpretazione che dà alla realtà ma devo ammettere che questo è stato il libro che di lui più mi ha deluso, soprattutto il finale. Scontato e banale. La trama è intrigante, lo svolgimento è lineare e ricco di simboli, soprattutto con richiami alle favole, ma il finale… qui casca l’asino. No, proprio non ci siamo.
MI CHIAMO LUCY BARTON DI ELIZABETH STROUT
Come già spiegavo nella recensione un paio di mesi fa, mi aspettavo di più, sia dal libro che dall’autrice. Mi aspettavo reazioni forti da Lucy, incisive, che avrebbero condotto o ad una riappacificazione o ad un taglio netto con questa madre assente ed egocentrica, invece no. Il piattume, la placida e arrendevole accettazione di una situazione che rimane e rimarrà immutata, di un rapporto che non ha vie d’uscita, né positive né negative. Un ignavo, se ci vogliamo ficcare dentro una similitudine dantesca. Avrei voluto che Lucy avesse preso in mano la situazione, avesse dato una direzione al suo rapporto con la madre, invece nulla.
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