Home » Il giardino di cemento di Ian McEwan

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Recensione

Poche ma profonde pagine che analizzano il lato oscuro del rapporto tra fratelli e dei legami familiari, di genitori troppo assenti e isolati dal mondo. Quattro fratelli che si troano improvvisamente orfani e in balia della vita, dei loro istinti e dei loro desideri. Un po’ ostico da digerire,  soprattutto per alcuni episodi raccontati. Forte, intenso. Un McEwan ogni tanto ci vuole. Consigliato.

 

Trama

«Non ho ucciso mio padre, ma certe volte mi sembra quasi di avergli dato una mano a morire». Chi racconta è Jack, un ragazzino sporco, foruncoloso, tenuto in disparte dalla famiglia; suo padre è un uomo fragile, irascibile e ossessivo, che un giorno decide di costruire un giardino roccioso: si mette al lavoro, ma muore di fronte all’indifferenza di Jack che non chiede aiuto. Julie, sorella maggiore, prime magliette scollate, primi amori tenuti segreti. Sue, due anni meno di Jack, sgraziata, sempre pronta a ritessere i difficili rapporti di famiglia. Tom, un bambinetto vivace, tutto preso dai suoi giochi e dai terrori scolastici. Infine la madre, slavata, sempre affaccendata in cucina oppure sprofondata nel letto di malata. Un balletto di «enfants terribles» che fanno pensare a Cocteau, a Vitrac, alla Compton Burnett, eppure sono anche banali; figli di una «cattività» familiare segnata da un esasperato sadismo.

Da questo libro è stato tratto l’omonimo film di Andrew Birkin con Charlotte Gainsbourg e Andrew Robertson.

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